L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Marianna Comitangelo su «Atelier» 55 (settembre 2009) Critico e testimone sembra essere la risposta alla crisi che attanaglia la critica militante, attestandosi come fattore di imbarazzo per quanti ne hanno sconfessato l’esistenza. Fissare il termine post quem al ’48, e non convenzionalmente al ’45, vale da un lato a restituire una cornice politica e dall’altro a riconoscere alla poesia italiana una specifica fisionomia senza per questo sottrarla al contesto transnazionale, come dimostrano la panoramica sul Cabaret Voltaire, i frequenti richiami ai simbolismi europei e ancora la vicenda regressiva – indietro, verso il Romanticismo tedesco – di Campana. Il ’48 inaugura una storia tutta italiana in cui forme letterarie, istituzioni e vicende politiche risultano intimamente fuse. In tal senso questo libro costituisce qualcosa di più di una storia letteraria, arrivando a definire i tratti di una civiltà letteraria italiana nel quadro della civiltà europea. Merita attenzione l’idea di assumere la «regressione», nelle sue diverse declinazioni, come paradigma fondativo e genetico del Novecento letterario, poiché pone in un rapporto più fluido le nozioni di avanguardia e tradizione. La volontà di superare le acquisizioni della tradizione testimonia l’incapacità/impossibilità, per l’avanguardia, di pensare in quelle forme, ma al tempo stesso l’aspirazione alla costituzione di un progetto totale, qualificante, che dai frantumi di un mondo (famiglia o psiche o lingua) esploso derivi un’unità significante. È un modo per consegnare un’immagine di sé e del mondo che si rappresenta, per costituirsi cioè come tradizione. Se l’avanguardia, poi, è opposizione radicale alla modernità, tale opposizione non può che manifestarsi in un ritorno, in una regressione che dia l’occasione di rifondare tutto (Dada), o di compensare un vuoto (Campana), oppure di trovare rifugio in un passato immune alla devastazione (Pascoli e, diversamente, D’Annunzio). Da queste Premesse si snoda il percorso che attraversa la poesia contemporanea.
Stefano Savella su «PugliaLibre» (21 agosto 2009) L’intensa e proficua attività editoriale e di ricerca di Daniele Maria Pegorari, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università degli Studi di Bari, di cui ci siamo spesso occupati su queste pagine (cito solo, tra i suoi tanti contributi, la direzione della collana di ricerche letterarie Officina per la Stilo Editrice, il ruolo di redattore della rivista «incroci», la pubblicazione del recente volume Puglia in versi per la casa editrice Gelsorosso), si è da poche settimane arricchita di una nuova importante pubblicazione, che sta già riscuotendo notevoli consensi tra gli addetti ai lavori, il saggio dal titolo Critico e testimone. Storia militante della poesia italiana 1948-2008 (pp. 595, euro 25) pubblicato dalla casa editrice di Verona Moretti & Vitali. Il perché della scelta delle due date entro cui si concentra la ricerca di Pegorari è riportato con queste parole in quarta di copertina: «Il 18 aprile 1948 si celebrano le prime elezioni politiche della Repubblica italiana. Sessant’anni dopo, il 14 aprile 2008, altre elezioni liquidano forse definitivamente la cultura dell’antifascismo e spalancano scenari nuovi che qualcuno comincia a chiamare post-repubblica o post-democrazia. La sensazione che una fase storica si sia chiusa motiva l’azzardo della storicizzazione di una civiltà poetica che nasce dagli incubi sottesi ad alcune scritture europee di inizio Novecento e che si articola su tutto il territorio nazionale, attraverso quattro o cinque generazioni in parte ancora attive. Fare storia della letteratura contemporanea vuol dire allora soprattutto “raccontare” ciò di cui si è a conoscenza, con un atteggiamento né assertivo né classificatorio, bensì curioso sia dei percorsi autoriali più consolidati nella tradizione critica, sia di quelli più insoliti». Il volume è suddiviso in cinque sezioni.
Silvia Dipinto su «Barilive.it» (25 novembre 2009) Daniele Maria Pegorari si fa Critico e testimone del sessantennio appena concluso e costruisce la sua Storia militante della poesia italiana (edizione Moretti&Vitali), uno strumento innanzitutto per raccontare ed analizzare i movimenti, le correnti e gli autori che ne hanno tracciato i percorsi più significativi. «Non volevo fare un’antologia, lo trovo un mezzo effimero», spiega l’autore in occasione della presentazione del libro alla Libreria Laterza, «noi critici, che facciamo questo mestiere un po’ fuori tempo, spesso diventiamo commissari tecnici e ci convochiamo la nostra nazionale: queste sono le antologie di poeti italiani contemporanei». «Credo che il canone lo facciano il tempo, la diffusione, la ricezione critica e la capacità di un autore di trasformarsi in classico», continua, «ecco perché non ho inserito autori nati dopo gli anni Settanta, sarebbe stato un po’ prematuro, bisogna aspettare qualche anno ancora». Quattro grandi “inquadrature” raccolgono alcune figure emblematiche della lirica del secondo Novecento: dalla Metafisica come poesia della domanda e del pensiero di Caproni, Luzi, Sereni, Bonsante, Ermini (tanto per citarne qualcuno), si passa allo Sperimentalismo di Pasolini, Volponi, Sanguineti e Ruffato, che però rappresenta la cifra caratteristica di tutta la poesia contemporanea. E ancora Neodialettalità e plurilinguismo, con Zanzotto, Loi, Angiuli ed altri autori che “addestrano alla letteratura” o reinventano le “lingue dei morti”, quali sono, per esempio, i dialetti minori. Infine l’inquadratura più “problematica”, il Realismo, che parte dall’esperienza di Bodini e Bertolucci per approdare alla “poesia del corpo” di Bellezza, Cucchi, Magrelli, Oldani. «Quarantaquattro autori che ho prima guardato, vivendo e attraversando i fatti letterari di cui poi ho portato testimonianza», conclude Daniele Maria Pegorari, «solo l’ìstor, colui che vede, può diventare istoricòs, lo storico di un tempo che ha bisogno di senso critico diffuso».
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore