Figura di rilievo nel panorama culturale italiano tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del novecento, ugo Ojetti (1871-1946) è noto soprattutto per la sua poliedrica attività di critico, giornalista, studioso d’arte, nonché fondatore e direttore di importanti periodici («dedalo», «Pègaso», «Pan»). decisamente più trascurata è la sua cospicua produzione narrativa, che nel corso di un trentennio (dal 1894 al 1922) ha ottenuto notevole visibilità e ha attirato l’attenzione dei più importanti protagonisti del suo tempo: da Capuana a de roberto, dall’amico Pirandello a Bontempelli, fino a Cecchi e Pancrazi. A partire dal romanzo d’esordio (Senza Dio, 1894), passando per le raccolte di novelle e approdando, infine, a Mio figlio ferroviere (1922), questo libro propone un itinerario all’interno dell’Ojetti narratore, mostrandone il legame con la parallela riflessione critica (fin dal giovanile volume Alla scoperta dei letterati) e inquadrandolo all’interno dello scenario coevo. Osservatore attento e arguto – d’Annunzio lo definì, a proposito delle sue Cose viste, un «acuto veditore» –, prosatore sospeso tra l’ironia e lo scetticismo, l’Ojetti novelliere e romanziere si misura con alcuni problemi nevralgici del ‘secolo breve’: il superamento del naturalismo, il rapporto con la tradizione, il confronto tra arte e scienza, i profondi rivolgimenti politici e sociali della sua epoca. Valerio Camarotto è dottore di ricerca in Italianista (Sapienza università di roma) e docente nella scuola secondaria di I grado. Ha pubblicato vari saggi e due monografie di argomento leopardiano: Leopardi traduttore. La poesia (1815-1817); Leopardi traduttore. La prosa (1816-1817), Quodlibet, 2016; ha inoltre curato l’edizione delle Novelle (1930-1955) di Bruno Cicognani (Pagliai, 2012). Collabora con il Laboratorio Leopardi (Sapienza), con la «rassegna della Letteratura Italiana» e con il Dizionario Biografico degli Italiani.
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