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«Eravamo un bel gruppo, [...] composto da uomini di diverse età e di diversissimi orientamenti ideologici; [...] che nella loro comune attività erano riusciti a combinarsi tra di loro in qualcosa di abbastanza simile a una sorta di lavoro collettivo. [...] girando mezza Italia, al termine degli spettacoli, prima di andare a dormire ci trovavamo nelle stesse trattorie per scambiarci le prime impressioni, magari litigando, ma col vantaggio di confrontarci subito tra noi. Nell'epoca in cui i teatri diventavano sempre più stabili, i "viaggianti" eravamo diventati noi. "L'ultima compagnia di giro" finimmo col definirci noi per primi». Così Bruno Schacherl rievoca la stagione feconda del teatro italiano, compresa tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Settanta del secolo scorso. E lo fa pubblicando una scelta sufficientemente ampia (poco più di un terzo) degli articoli da lui scritti soprattutto per le riviste «II Contemporaneo» e «Rinascita»; un solo scritto documenta invece la sua collaborazione a «II Nuovo Corriere» diretto da Romano Bilenchi, alla fine degli anni Quaranta. Quattro lavori apparvero invece in volumi miscellanei. Sono le tracce di una passione e di un'attività militante durature e variegate, a cominciare dal tentativo di fondare un Piccolo Teatro a Firenze nel '47, con Bonsanti, Lucignani e Pandolfi. Un mestiere, quello di Schacherl, caratterizzato dalla passione pedagogica e dal principio di responsabilità, due valori che gli hanno permesso di essere onesto e coraggioso nei giudizi di valore anche davanti alle novità tumultuose di quegli anni: l'avvento prepotente dei registi sulla scena italiana, l'apparizione di Bertolt Brecht, i tentativi della drammaturgia italiana (con in testa Eduardo), la nascita di un Nuovo Teatro. Sono questi i grandi temi in cui è organizzata la testimonianza di un critico che non ebbe paura né di giudicare né di correggersi (come allude scherzando sul doppio significato della parola "errante" che figura nel titolo).
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