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questo libro mi ha commosso!.Mi ha riportato indietro nel tempo,al 1978 quando davo gli ultimi esami di ingegneria elettronica e in una materia di controlli automatici ci fu consigliato di approfondire alcuni argomenti in un libretto dello stesso spessore di questo libro.Ho rivissuto le stesse sensazioni di allora nello scoprire che possono scriversi intere pagine piene di frasi senza nessuna semantica. In futuro cerchero' di evitare anche libri tradotti dall'autore.
Nelle prime pagine, un accumulo di pensieri, un groviglio. E uno squarcio splendido come quello del direttore del negozio sbirciato da Puch. Poi, da pagina quaranta, fino in fondo, il libro s'impenna, e scivola via. In particolare Fredy e Margarete danno la stura alla carica esplosiva ed implosa di Puch. Allora il lettore (io-in-quanto-lettore) assiste a bellissime, furiose cavalcate dal sapore bernhardiano. E alla costruzione di un delirio cosmico, il regno dell'impotenza e dell'indifferenza, il pensiero deposto e abbandonato, l'indiscernibilità di colpe e di valori. All'esistenza impossibile che si costruisce dio, e questo dio non può che essere un dio assassino. Pagine splendidamente blasfeme. Immensità criminale, gridava Bataille. Qui, questo grido diventa un sussurro impotente, ma dice lo stesso. Ecco, è questo che cerco nei libri. Un grido. E qui c'è.
Il fascino dell'invettiva in una confessione liberatoria dove aleggia lo spirito dostoevskiano di Memorie del sottosuolo. Un narratore italiano felicemente atipico. Intenso.
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