Impossibile sfogliare questo libro senza che l'animo né resti commosso, straziato, ammirato per la grandezza e fortezza d'animo di un giovane ventenne ed insieme ne resti sconvolto, ferito, inorridito scandalizzato, senza che nelle mani il libro scotti come una fiamma che accusa e purifica. Accusa la folle barbarie dell'uomo, e la redime con le lettere e il racconto di un giovane, Luigi Barcella, che per il suo ideale ha saputo far fronte, senza timore nemmeno della morte, con animo consapevole, sin dall'arresto e la prigionia nelle Carceri di San Vittore. Luigi che, a poco più di 18 anni, aveva identificato con chiarezza il vero nemico della Patria di quel tempo, il nazifascismo, scegliendo di combatterlo fino alle estreme conseguenze. Luigi lo ha combattuto senza utilizzare armi da fuoco, ma contrapponendovi la forza dell'ideale democratico, concretizzata nella distribuzione di giornali e pubblicazioni anti-regime. Per quell'ideale è morto a vent'anni, non per un colpo di mitraglia in montagna, ma ucciso nel lager nazista dove era stato deportato come prigioniero politico e, dopo lunghi mesi di sofferenza fisica e psicologica, ridotto allo stremo nel corpo e nello spirito. Morto in quel mese di aprile 1945 fra altre centinaia di caduti, le modalità della sua fine non hanno nulla di epico, al contrario: si tratta di una morte avvenuta in solitudine, senza alcun conforto umano, senza una bandiera che ne coprisse e onorasse i resti, con il suo corpo ridotto in cenere nel crematorio del lager di Ebensee. Leggendo, la sua figura di bel ragazzo biondo e riccioluto, s'innalza in tutta la sua forza d'animo e sensibilità. Se ne apprezza il coraggio dimostrato durante la prigionia a San Vittore e la lealtà nei confronti dei compagni di lotta, che non ha mai tradito. L'autore si lascia subito coinvolgere leggendo l'ultimo messaggio alla madre prima di essere deportato, messaggio lanciato dal camion che lo trasportava al binario 21 della stazione centrale di Milano, nel quale, cercando di confortarla, la esortava ad insegnare anche ai suoi fratelli ad amare la Patria. «Cara mamma, Parto per la Germania. Non Piangere. Insegna ai miei fratelli ad amare la Patria. Salutami Gianna. Tanti baci, Vostro Luigi. Sul retro l'indirizzo: Barcella Giacomo - Via Borgo Sale 176 Ranica Bergamo». Gianna è l'amata fidanzata, digli che l'amo scrive alla mamma in una lettera da San Vittore dove si poteva scrivere solo al venerdì. Di quella lettera una frase ci ha toccato: «Mamma da molto tempo non recitavo più il pater che tu mi hai fatto imparare sin da piccolo, ma quando si è racchiusi in un carcere si crede più che mai in Dio, non perché da lui si aspetta un aiuto, ma perché è contro ogni senso il non crederlo». Scrive l'autore Gianpiero Crotti «Ho ricostruito la disperazione dei giorni della prigionia e della morte studiando i diari di alcuni sopravvissuti, deportati con lui nel lager di Ebensee, e consultando documenti inediti conservati nei numerosi archivi da me scandagliati [documenti anche fotografici che di pagina in pagina fanno inorridire e muovono a profondissima pietà e riflessione]... È così maturato un profondissimo rispetto nei confronti di Luigi e credo fermamente che la sua breve vita e la sua morte abbiano aggiunto qualcosa di luminoso, di drammatico e insieme di eroico, alla storia della Resistenza italiana e, in particolare, a quella di Ranica», dove lui è nato. Oltre all'autore, gran merito della pubblicazione va alla nipote Marina Zanga che ha raccolto, salvato e trascritto le lettere dal Carcere di San Vittore, custodite devotamente da sua mamma Zina, per poi trovare nel sindaco di Ranica, Maria Grazia Vergani, la sensibilità di comprenderne l'importanza e di affidare a Gianpiero Crotti il lavoro di contestualizzazione storica.
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