Nel 2023 si conferma la longevità secolare di una riforma rilevante per la Pubblica amministrazione italiana per ampiezza dei temi disciplinati che toccano il funzionamento complessivo della macchina statale, dal bilancio, ai controlli, all'attività contrattuale, alle responsabilità degli agenti amministrativi e contabili, alle procedure di spesa e tanti altri aspetti della gestione amministrativa e contabile. La riforma del 1923, passata alla storia con il nome del ministro delle finanze Alberto De Stefani, un giovane professore veneto educato alla scuola liberista di Ca' Foscari, ha come protagonisti, dietro le "quinte", alcuni burocrati dell'unificato ministero delle finanze e del tesoro, come il Ragioniere generale dello Stato, il pugliese Vitantonio De Bellis già in carica dal 1919. È un dato acclarato che con le disposizioni del 1923 la Ragioneria generale dello Stato consegue l'assetto organizzativo e funzionale moderno, inseguito senza successo sin dai primi anni della sua istituzione avvenuta nel lontano 1869. La riforma De' Stefani, relativamente alle tematiche riguardanti i compiti e le attribuzioni assegnate alla Ragioneria generale dello Stato e al suo vertice, è annoverata, dalla storiografia maggioritaria, come una normativa che ha consentito a questo organismo di concentrare "poteri di controllo estremamente penetranti" e determinare il sopravvento delle ragionerie sulle altre amministrazioni tant'è che si è parlato a tal proposito di "partito dei ragionieri", di "burocrazia della cifra", di "trionfo della tecnocrazia finanziaria" per intendere questa spinta centralizzatrice che non mancò di generare reazioni e critiche persino negli ambienti della maggioranza fascista. Nel libro si delineano alternative chiavi di letture della riforma, attraverso una disamina che mira a recuperare il significato di talune pretermissioni, rispetto alla tradizionale e consolidata ricostruzione degli assertori del prevalente - ma delimitato - significato della riforma intesa unicamente come restaurazione burocratica e finanziaria che ha, in definitiva, comportato di offuscare gli aspetti innovativi recati dalle disposizioni e che la longevità della riforma, a distanza di un secolo, ha evidenziato i pregi e i meriti di una visione lungimirante degli ideatori.
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