Lo Stato è tornato e in maniera prepotente. L'emergenza coronavirus - che ha rimesso al centro del dibattito politico l'opportunità di massicci interventi pubblici a sostegno di un'economia in declino - ha soltanto accelerato una tendenza già in atto. Eppure il capitalismo e la democrazia liberale sembravano essersi imposti come ultimo orizzonte possibile. La loro progressiva diffusione - alimentata dall'apertura dei mercati su scala globale e dall'unificazione europea - ha promosso benessere e prosperità ovunque. Ma ha anche costretto i sistemi economici ad adattarsi a profonde e radicali trasformazioni. Le cose sono cambiate a partire dalla crisi finanziaria del 2007-2008. Da allora, una larga parte dell'opinione pubblica, impoverita e spaventata dal futuro, ha cominciato a invocare chiusura e protezione. I movimenti populisti e sovranisti hanno subito intercettato questo malessere, facendosene portavoce. È una galassia ideologica molto eterogenea, ma a ben guardare i proclami dei loro leader sono sempre gli stessi: più Stato, meno Europa, avversione al commercio internazionale, protezione dei campioni nazionali costi quel che costi, allergia alla concorrenza. Saravalle e Stagnaro forniscono un'ampia ricognizione delle diverse politiche economiche sovraniste, raggruppandole sotto una serie di -ismi - statalismo, nazionalismo, dirigismo, protezionismo, unilateralismo, antiglobalismo - e ci ricordano che non sono affatto parole nuove. Si tratta, in realtà, di ricette vecchie e fallimentari, già sperimentate negli ultimi decenni, che hanno dimostrato di avere un solo tratto in comune: producono sempre risultati opposti a quelli desiderati. Contro il sovranismo economico ci offre non solo un'analisi accurata della crisi economica e valoriale che stiamo attraversando, ma anche una serie di risposte concrete per uscirne, questa volta davvero, migliori di prima.)
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