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Contrappunto e composizione - Felix Salzer,Carl Schachter - copertina
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Contrappunto e composizione - Felix Salzer,Carl Schachter - copertina

Dettagli

EDT
1996
12 marzo 1996
568 p.
9788870631524

Voce della critica

SALZER, FELIX / SCHACHTER, CARL, Contrappunto e composizione

PERSICHETTI, VINCENT, Armonia del ventesimo secolo

DE LA MOTTE, DIETHER, Il contrappunto. Un libro da leggere e da studiare
recensione di Campogrande, N., L'Indice 1994, n. 4

Lo studente di composizione di un conservatorio italiano durante i primi sette anni di studio porta con sé due testi fondamentali. Sono stati scritti da un certo Théodore Dubois, membro dell'Istituto di Francia, direttore onorario del conservatorio di Parigi. Il "Trattato di contrappunto e fuga" è del 1905, quello di "Armonia" del 1921. Non è detto che per tutti si tratti fisicamente dei libri di Dubois: a seconda dei conservatori e delle tradizioni i manuali usati possono essere altri, magari scritti da un insegnante locale, ma l'impostazione resta invariabilmente quella fissata dalla scuola trattatistica francese di inizio secolo, insuperabilmente abile nel districarsi entro la selva di norme e prescrizioni che regolano la musica tonale. Il che, considerati gli attuali programmi ministeriali, non stupisce più di tanto: se lo scopo è quello di compilare compitini-'pastiches' che riproducano in qualche modo la musica del passato, bisogna considerare la bibliografia esistente come sufficientemente completa.
Ci si chiede, naturalmente, quale bagaglio debba possedere uno studente che si avvia alla reale pratica della composizione, negli ultimi tre anni del corso di studi come, a volte, per il resto della vita. E anche se il mestiere si impari davvero solo scimmiottando i maestri del passato o se ci siano modi più proficui e affascinanti per addestrare la mano a lasciar cadere note su un pentagramma.
Una prima risposta viene dalla quotidianità delle lezioni: agli insegnanti di conservatorio è per lo più concessa la massima libertà di correggere e arricchire la materia trattata (fatti salvi i compitini e le sacrosante nozioni che permettono di superare gli esami). Una seconda arriva da alcuni testi pubblicati in Italia negli ultimi anni, a partire dall'acclamata "Armonia" del Piston (recensita da Alessandro Baricco sull'"Indice" n. 7 del 1989). Con una sola, significativa eccezione, sono traduzioni di manuali di scuola americana in qualche modo segnati da una generale tendenza a passare con disinvoltura dall'esemplificazione all'affermazione di norme universali, dall'applicazione, per quanto felice, di una prassi analitica alla proposta di un determinismo parascientifico che investe la composizione a tutti i livelli.
Il manuale di Vincent Persichetti non riesce a evitare questo limite: se da un lato rappresenta il migliore strumento disponibile per chi vuole capire come funziona la musica scritta dopo la codificazione di Dubois, dall'altro l'esigenza di sistematizzazione porta l'autore a considerare i parametri musicali come sciolti dalla loro interdipendenza, analizzabili singolarmente sino a decretarne un'illusoria funzione. Così possiamo trovare affermazioni come "quando la nota più bassa di un poliaccordo è posta sotto il fa in chiave di basso, l'armonia diventa 'sporca' a meno che l'accordo non sia adoperato in posizione lata", oppure "la scelta di intervalli numerosi e eterogenei produce energia pura e intensità" o ancora "l'armonia statica è utile quando bisogna focalizzare l'attenzione su un motivo ritmico" e così via; considerazioni, cioè, che fatte in un contesto dato possono aiutare l'allievo a manipolare la materia musicale in modo più efficace, mentre sciolte dal vincolo della contingenza e della discussione perdono molta della loro ragione di essere. È un dazio che si paga per avere una trattazione sistematica di argomenti come gli accordi per seconde o per quarte, i poliaccordi, i centri tonali; e vale la pena farlo: una volta capito il meccanismo si sorride su qualche pagina ma si impara molto dalle altre, ricche, tutte, di esempi illuminanti.
Delude, invece, il volume di Salzer e Schachter, perché la proposta di una trattazione canonica del contrappunto - sostanzialmente identica a quella dei consueti manuali in circolazione in quanto anch'essa ricavata dalla nota codificazione di Johann Joseph Fux (1725) - non gli permette di suggerire una reale alternativa all'attuale un po' noioso apprendimento della materia. Certo è interessante l'idea di insegnare tecniche di composizione applicando a rovescio l'analisi di Schenker ai contrappunti che si impara a produrre, e dunque inserendo sempre più digressioni tra i pilastri armonici di un cantus firmus sino a trasformarlo in corale o movimento di sonata; tutto ciò però risulta vano se non si accettano come oro colato i presupposti di Schenker (non più 'à la page' come venticinque anni fa) o non ci si vuole imbarcare in un'avventura didattica diametralmente divergente dai programmi di studio. Chi volesse comunque cimentarsi con questo volume sappia che gli esempi musicali sono numerosi, chiari e straordinariamente accurati anche nell'utilizzo della simbologia grafica schenkeriana.
A ulteriore prova che in materia di contrappunto si possano oggi proporre discorsi più interessanti bisogna invece ricordare la traduzione del testo di Diether de la Motte, anch'esso inutilizzabile in base agli attuali programmi ministeriali ma così ricco di argomentazioni da far impallidire le migliori pagine dei saggisti americani. La materia viene presentata in chiave storica, approfondendo in modo puntuale lo stile di epoche diverse (illuminanti, tra gli altri, il capitolo su Josquin Desprès e quello sulla Nuova Musica) e proponendo al lettore strumenti che, attraverso il contrappunto, gli permettono di smontare senza semplificazioni quasi ottocento anni di musica. E la bellezza è tutta qui, nell'intendere il contrappunto non come insieme di regole scolastiche ma. come modo di organizzare una struttura sonora, di distribuire e porre in relazione gli elementi del discorso musicale. In questo senso il sottotitolo è davvero onesto, il libro è prima di tutto una lettura appassionante e solo qua e là, stimolati da esercizi che sono comunque infinitamente più intriganti di quelli abituali, ci si ricorda che è nato come strumento didattico. Unico neo per l'utilizzo pratico è il formato ridotto, che non consente al volume di restare aperto sul leggio del pianoforte così da poterne suonare comodamente gli esempi; lo si fa con una mano sola, ed è un peccato.

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