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Se non avessi mai letto altri libri o altri articoli di Paolo Mieli, avrei sicuramente definito I conti con la storia un libro sorprendente. Invece, conoscendo l'autore dico: illuminante. Mieli è un allievo di Renzo De Felice e, come il suo maestro e qualche altro studioso, si è assunto il compito di connotare con il rigore scientifico, l'indagine storica. Con lo stesso rigore si è impegnato a divulgarla, anche a costo di non essere compreso dalla cultura dominante. La storia non può che essere revisionista perché la ricerca della verità non cessa mai. L'unica condizione è la certezza e l'attendibilità delle fonti. I pregiudizi e un attivismo troppo esuberante hanno rischiato di cancellare per sempre testimonianze fondamentali. Consigliato a tutti gli uomini liberi.
Conoscevo Paolo Mieli come giornalista e direttore di importanti quotidiani come “La Stampa” e il “Corriere della Sera” e più recentemente come divulgatore in televisione della Storia. Questa sua opera, a cui mi ero accostato con molte speranze, mi ha alquanto deluso. Il metodo seguito è sempre uguale: riferirsi ad un testo scritto da qualcuno e commentarlo oppure criticarlo. L’autore percorre un excursus tra le varie ere della Storia: da Pericle a Spartaco, da Giuda a Costantino, da Carlo Magno a Mazarino e, per andare a tempi più vicini a noi, da Cavour a Mazzini e da Garibaldi a Mussolini. Un libro che, terminata la lettura, ho abbandonato volentieri, tranne per due passi che mi sono rimasti impressi: il primo è una citazione da Tocqueville: “L’esperienza insegna che il momento più pericoloso per un cattivo governo è in genere quando inizia a riformarsi", il secondo è “Gli abiti dei suoi governatori erano fatti solo di tasche” ha scritto Bertolt Brecht in "Gli affari del signor Giulio Cesare”.
Il libro tratta di varie e diverse vicende storiche per offrirci una attenta rilettura del passato senza pregiudizi, le numerose e dotte citazioni rendono difficile la lettura facendo a volte perdere l'intenzione analitica dello storico verso la vicenda trattata. Più testo di studio che saggio divulgativo
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