Nell'anno in cui si celebra il settimo centenario della morte di Dante Alighieri - per noi italiani, e non solo, il poeta per antonomasia, il maestro di poesia per definizione - non è inutile rifarsi la storica domanda: che cosa è la poesia? La risposta, nell'età dei social e della comunicazione digitale, non può ricalcare i percorsi praticati dai poeti e dai teorici dell'estetica del passato. Come attestano le varie "botteghe di poesia", che spuntano quotidianamente su giornali e riviste, la poesia è indefinibile. Non soddisfano le teorie dei grandi teorici del passato (a cominciare da Benedetto Croce e andando indietro nei secoli). Non convince la teoria di chi sostiene che la poesia educa i sentimenti, migliora gli animi, fa diventare più corretti e moralmente intransigenti. La poesia non è per sua natura né educativa né etica. È attività umana, capace di definire profili sentimentali e, soprattutto, di penetrare nella profondità dell'animo umano e svelarne l'essenza. Non è falsità e non è verità. È percorso di conoscenza che arricchisce l'animo del lettore, lo rende più capace di leggere se stesso, gli altri, il mondo. Il risultato non è la percezione della verità, bensì la rappresentazione di ciò che l'autore riesce a sentire, a leggere, a interpretare. Forse per questo nell'antica Cina l'aspirante governatore doveva superare la prova del componimento poetico: doveva - cioè - rivelare il proprio animo e i propri sentimenti, per essere degno di aspirare al governo degli umani. Perché leggere poesie? Perché scrivere poesie? La risposta è implicita nelle riflessioni che precedono. Ben venga, allora, la scelta della Fondazione onlus "Marco Gennaioli", che ha avuto il merito di sollecitare i giovani del territorio valtiberino e di invitarli a misurarsi con se stessi, con il mondo che ci circonda e con i mezzi espressivi a disposizione. Il volume raccoglie - per gli autori e le loro famiglie - tutti i testi in concorso.
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