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Assolutamente inconcludente, pieno di volgarità gratuite e privo di un qualunque filo logico. E poi, come si fa a suonare e per di più vincere il concorso Chopin non dormendo la notte e tracannando vodka per 24 ore???? Da evitare accuratamente
Un libro senza infamia e senza lode, discreto senza mai diventare appassionante, a volte discontinuo, nel senso che troppo spesso lascia delle tracce incomplete senza chiuderle (l'incontro con la giornalaia non significa nulla e non c'entra niente con il resto del libro). Non è brutto, comunque si fa leggere, però spiace che una storia in parte interessante venga svolta in maniera un po' raffazzonata, tanto che il finale risulta anche incomprensibile! All in all una perdita di tempo, mi spiace!
Letterariamente mediocre,insopportabile per chi conosce la musica.
Recensioni
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Per quale ragione la melodia del Mephisto-Walzer di Liszt si propaga per la sala dell'Opera di Varsavia durante la finale del concorso Chopin? Prorompe dallo Steinway di Zeitos un giovane concorrente. Lo scopo non pare soltanto la sicura squalifica. Tra il pubblico c'è il vecchio e monco Zakhor famoso pianista negli anni quaranta-cinquanta cui una celebre esecuzione di questo brano procurò le attenzioni del führer. Con la musica si può del resto uccidere. Pourriol giovane docente di filosofia sceglie la musica e il mondo che ruota attorno a una competizione per ambientare il suo primo romanzo un riuscito humour thriller. La voce narrante è quella di un pianista ventottenne piuttosto mediocre e incline alla malinconia e all'alcool. Questi sorprende il lettore sin dalle prime battute con una brutale confessione di omicidio. Il giovane è stato invitato dal grande maestro Piëtr Ostreich a partecipare al concorso da lui presieduto dove si arruffano rivalità piaggerie e scandali affrescati con plasticità e cinismo. Tra concerti e bicchieri di vodka si modella una vicenda che assegna al protagonista un inconsapevole ruolo all'interno di un'occulta macchinazione alla comprensione della quale contribuiscono le pagine in appendice e le rilevanti congetture di una bella giornalista. Il tutto innervato da un'ironia pungente e disarmante. Armato di sarcasmo l'autore si permette di indagare prospettive e angoli alquanto inconsueti. Attacca le giurie sempre più tribunali volti a sentenziare su "gladiatori" anziché pianisti. Accompagna la disquisizione sul rapporto tra musica ed eros alle porte di un bordello. Fa cenno anche alla contraddizione tra melomania e nazismo pur legati dalla comune radice dell'emozione. "Musica e politica parlano al ventre non alla testa. Si passa dal sublime di una sonata a quello di una folla in uno stadio".
Rossella Durando
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