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Recensione di Stefano Lecchini sulla “Gazzetta di Parma” del 3 ottobre 2004. Come appare evidente fin dal titolo di questa prima, e notevolissima, raccolta ( « Con passo leggero » , ed. Lampi di Stampa), Paolo Borsoni è un poeta promeneur. Sulla scorta di Rousseau, Thoreau e Bertolucci, Borsoni sa che un poeta deve anzitutto camminare: attraversare la terra con mente vuota ed aperta, per lasciarsi «impressionare» dallo spettacolo che tutte le stagioni, le ore e i minuti, le forme e le sostanze del mondo dispiegano, appunto a ogni passo, davanti ai suoi e ai nostri occhi. Borsoni prende partito per la leggerezza (che avrà alleata, sempre, una prodigiosa limpidezza di visione e di dettato). Potrà contare, come la bicicletta, su un'anima di ruote: «straordinariamente smilze / in disequilibrio stabile / soltanto un secondo... / prima di forare» . E forerà, come prima o poi tocca a noi tutti: ma questo momento sembra eternamente differito. Perfettamente a proprio agio, con animo zen o taoista, vuoi «nel silenzio estatico di un bosco» vuoi «nel caos di una città» (ma la mercificazione dilagante gli fa male), Paolo Borsoni fa esperienza, sulla sua pelle, di tutte le coppie di opposti (e quasi sempre è un'opposizione netta a intitolare le composizioni), di cui è tramata la realtà - o ciò che crediamo sia tale. Talvolta un'ansia dolorosa e insopprimibile di conoscenza sembra accelerargli e quasi schiantargli il passo; talvolta la notte, o l'inverno, sembra sfigurare ogni profilo o colore. Tutto l'incanto - in questo libro cosí pieno di incanti irresistibili - è sempre sul punto di andare in frantumi. Ma Borsoni, anche quando l'abisso è lí pronto a inghiottirlo, e una smisurata velocità prende a incalzare il suo passo, non deflette un istante dal suo respiro quieto e leggero. Qui è la salvezza: « mi riavvio, / riprendo la mia passeggiata / in inverno » . Stefano Lecchini
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