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Indice
I
Prima di tutto
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Più che discreto questo secondo episodio delle indagini di Ferraro. Soffre un po nella parte centrale per un brusco rilassamento del ritmo narrativo, ma per il resto rimane una piacevole lettura. Migliora la caratterizzazione del protagonista che fa presupporre un suo miglio sviluppo nei romanzi successivi.
Secondo estratto dalla serie del Commissario Ferraro che è a mio avviso tra i più belli della serie se non il più bello, non per niente risulta anche premiato anche con il Premio letterario Franco Fedeli e altri riconoscimenti.
L'ispettore Michele Ferraro sembra, a prima vista, un "medioman": un quarantenne divorziato costretto a far i conti con il frigo vuoto, con una laurea nel cassetto, con la solitudine non certo da numero primo, ma da persona fin troppo comune, a metà fra due universi spesso in conflitto. Cresciuto a Quarto Oggiaro, quartiere popolare alla periferia di Milano, fra contrabbandieri e svitati, si ritrova - per scelte d'emergenza - a dover spesso trasportare in caserma i suoi amici di infanzia. Lui, che si definisce inventore dell'happy hour per aver saccheggiato il buffet di uno dei locali del centro, è un poliziotto che si nutre di una propria, personalissima idea di giustizia e non si tira indietro quando si tratta di danneggiare irrimediabilmente la jeep di un figlio di papà responsabile di aver dato fuoco al giaciglio di un barbone. Nonostante una routine fatta di caffè alle macchinette con il collega Comaschi, di dentiere scippate e risse fra immigrati, si troverà ad indagare su una presunta faida di mafia destinata ad inaugurare una nuova stagione della malavita italiana. Grande attenzione all'ambiente, descritto in modo assolutamente realistico. Lo stereotipo universale si fonde con la particolarità dell'ambientazione. Biondillo è anche molto bravo a descrivere i sentimenti degli oggetti: si prova una sorta di empatia anche per la sveglia che decide di suicidarsi dopo anni e anni di scarpate sulla testa, e per la macchinetta del caffè che si impegna al massimo per elargire una buona bevanda al suo adorato ispettore Ferraro! Insomma: 500 pagine scorrono fra le dita senza nemmeno accorgersene, un romanzo che consiglio a tutti.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
“Il suo probabile relatore di tesi lo odiava, Zeni lo aveva incastrato per benino, in commissariato ridevano di lui, De Matteis gli passava casi da neurodeliri, la sua ex moglie lo umiliava e lui stesso aveva una paura fottuta di non riuscire neppure a fare il primo degli esami necessari per raggiungere la laurea. Cosa mancava?
Iniziò a piovere, grandine.”
Aveva deciso di dimettersi, di lasciare il commissariato di Quarto Oggiaro, e di riprendere a studiare. Ma Michele Ferraro, chiodo o ciòd per gli amici, non ha fatto i conti con il vicequestore Zeni e la sua mente machiavellica. Quindi, poche storie, che studi pure, che dia esami, ma di dimissioni neanche a parlarne. Ed ecco allora il commissario “con la patente di quartoggiarese” ancora alle prese con la varia umanità di uno dei quartieri più malfamati (e malconosciuti) di Milano: un quartiere che il protagonista – e l’autore – vive, cerca di comprendere; un quartiere nel quale è nato, cresciuto, ha fatto amicizie, ha trovato l’amore, lo ha perso; un quartiere nel quale esiste una socialità, una sua etica, talvolta distorta, talvolta molto più sana di quella che appartiene a certi giovani della Milano bene.
Ma il quartiere è solo “l’interno” nel quale si svolge questa rappresentazione. “L’esterno” è – come nel romanzo d’esordio Per cosa si uccide – l’intera città di Milano: la Stazione Centrale, le zone circostanti popolate di slavi, cingalesi, senegalesi, il silenzio della basilica di Sant’Ambrogio, la folla vociante dell’happy hour, le aree industriali dismesse, abbandonate dai milanesi e dominate da bande di extracomunitari… Vie, palazzi, case che danno corpo e interpretano la mentalità di chi li ha costruiti e di chi ora li vive.
Non fraintendete: la trama, noir, c’è ed è di tutto rispetto, tra tentati stupri, omicidi, pire sacrificali, pareggiamenti di conti, colpi di scena. E sta al lettore scoprirla passo passo e gustarla appieno. Ma è innegabile che la vera forza di questo libro stia nei personaggi: a partire dal protagonista, il commissario Ferraro, un po’ sfigato, un po’ imbranato, alle prese con assistenti universitari vendicativi, una ex moglie sempre perfetta, una figlia cui propone solo pizza, poliziotte che la prolungata astinenza sessuale (di Ferraro) trasforma in sensuali ammaliatrici… e poi i colleghi, già presenti nel romanzo precedente: dallo “sbirro d’avanspettacolo”, Comaschi, cui il Signore ha donato tutto il senso dell’umorismo sottratto al povero Lanza, geniale e surreale insieme, fino a De Matteis, “forte con i deboli, debole con i forti”. E poi le tante persone incontrate, umanissime nelle loro contraddizioni: barboni dal passato glorioso, giovani leoni che si trasformano in timidoni appena fuori dal quartiere, vecchiette cui hanno rubato la dentiera, ex mafiosi, professori preoccupati per i “loro ragazzi”.
Bella la storia, belli i personaggi, e bella la scrittura. Una prosa varia, che sa essere elaborata, allusiva, ammiccante (da Dante a Leopardi, da Elio e le storie tese a Vasco…), o secca, pungente, caustica, e soprattutto autoironica. Una scrittura che scorre, che appassiona, che diverte. Per capire, arrivate alla scena tragico-comico-epica del tiro alla fune: riuscite a immaginarvi (senza ridere) quei sedentari papà milanesi impegnati in una lotta all’ultimo sangue per primeggiare di fronte a pargoletti ed ex mogli?
A cura di Wuz.it
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