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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2012
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Chi ha amato ' Mistero napoletano' ritrova con emozione Francesca e le sue utopie. Astenersi se bacchettoni e/o indifferenti alla speranza di un mondo migliore.
Un romanzo diviso in due parti, con due racconti apparentementi diversi uno dall'altro, ma che invece, a mio avviso , si collegano benissimo in quanto caratterizzati da una forte connotazione partenopea, con la città del Vesuvio a far da sfondo e spesso da protagonista delle faccende narrate. Il primo segmento, da cui il titolo del romanzo, è la comunista; Rea questo personaggio l'aveva già messo in evidenza nel suo libro "Mistero Napoletano" cercando di capirne il perchè della morte, adesso però ritorna sottoforma di fantasma e fa una quadro della situazione di Napoli dei giorni nostri. "La comunista" altro non è che una giornalista della redazione napoletana dell'Unità, organo del PCI, tale Francesca Spada morta suicida negli anni sessanta e idealizzata dall'autore come una sorta di presenza benigna capace di dare cosigli e ammonimenti non solo di carattere politico, ma anche comportamentale e sociale. Da sottolineare gli intensi scambi di battute e di opinioni tra l'io narrante e "la comunista". In questi dialoghi emerge e spicca una forte voglia di riscatto sociale sia di Napoli che del Sud Italia in generale. Il secondo racconto, "l'occhio del Vesuvio" vede al centro dell'opera una villa di Torre del Greco zeppa di libri antichi, il proprietario della stessa ,cioè un anziano bibliofilo, un immigrato polacco, Tadeusz, capace di fare miracoli come falegname e soprattutto l'incombente e minacciosa presenza del Vulcano che sovraintende e supervisiona tutte le cose e fa sì che tutto debba in qualche modo essere legittimato dai suoi eventuali capricci. Da sottolineare in questo racconto lo scambio di opinioni apparentemente distanti come pensiero e digressioni tra il bibliofilo e l'immigrato dell'est Europa; quest'ultimo però, pur ritornando poi in Polonia, ammetterà che il modo di pensare e di agire interiorizzato vivendo all'ombra del Vesuvio lo aveva trasformato facendolo diventare sì fatalista , ma anche più sereno nell'affrontare la quotidianità Bel testo
Noiosissimo. Retorico, assolutamente senza ispirazione. Lo sconsiglio vivamente. Avevo letto le solite recensioni positive sui giornali. Poi la copertina stile Einaudi inganna.
Recensioni
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Napoli e la sua gente, il presente e il passato di una città e di un'intera nazione affamati di speranza e di futuro. Ermanno Rea torna con "La comunista" sui suoi passi, torna a "Mistero napoletano", ma il personaggio che ci presenta non è più, come in quel vecchio romanzo, una donna in carne e ossa bensì il suo fantasma, una creatura evanescente anche se, a momenti, terribilmente reale, capace di parlare, sorridere, piangere, come quando era viva e colmava ogni possibile vuoto con la sua incontenibile esuberanza. Anche adesso, benché fantasma, Francesca riempie di sé la scena del racconto, svelando pian piano la ragione del suo "ritorno" a Napoli. Testimone e messaggera, questa presunta donna-scandalo allude a una resurrezione ancora possibile della città, che può essere salvata - ella dice - soltanto dall'utopia, da un pensiero folle, da una passione, dalla capacità collettiva di credere nell'impossibile. Anche "L'occhio del Vesuvio" è una storia che ha, a sua volta, i colori e lo spessore dell'allucinazione. La trama è lineare, soltanto che è sovrastata dalla presenza minacciosa del Vesuvio, trasformato esso stesso in attore, personaggio neppure troppo secondario della vicenda. Distruggerà Napoli? La domanda è ripetutamente evocata, soprattutto dal co-protagonista del racconto, il grecista Lucio Ammenda, insaziabile e disordinato collezionista di libri, parte dei quali dedicati proprio al "formidabil monte" e ai suoi misteri.
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