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Descrizione


A Barrytown, un quartiere popolare di Dublino, un gruppo di ragazzi decide di fondare una band di soul e rythm & blues ispirandosi ai grandi protagonisti del genere, da James Brown a Otis Redding. Si chiamano "Commitments", per esprimere un impegno radicale, senza mezzi termini. Ci sono Jimmy Rabbitte, il manager del gruppo; Joey The Lips, il mitico trombettista che ha suonato con tutti quelli che contano; Deco, il cantante dalla voce potente e il carattere impossibile e le tre coriste più sexy di tutta la città. La loro sarà una vicenda di successi e disastri, di splendide amicizie e formidabili litigi, di amori del tutto imprevisti e di abbandoni clamorosi. Ma sono soprattutto lo humour e il linguaggio brillante a segnare questo romanzo che è stato l'esordio di Roddy Doyle, e che ha visto nascere la verissima ma del tutto inventata Barrytown, teatro anche degli altri romanzi che completano la trilogia: "Bella famiglia!" e "Due sulla strada".
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Dettagli

1998
17 aprile 1998
160 p.
9788877468123

Voce della critica

DOYLE, RODDY, The Snapper

DOYLE, RODDY, The Commitments
(recensione pubblicata per l'edizione del 1993)

recensione di Cataldi, M., L'Indice 1994, n. 4

La scorsa primavera è apparsa la traduzione, del romanzo "The Commitments" del giovane autore irlandese Roddy Doyle. In Italia se ne conosceva già la versione cinematografica di Alan Parker, che aveva confermato la vitalità della cinematografia irlandese ottenendo un inatteso successo soprattutto tra il pubblico giovanile. Ciò che tuttavia lettori e spettatori italiani non potevano apprezzare appieno nel racconto del formarsi e poi sciogliersi del gruppo musicale soul "The Commitments" era il linguaggio fortemente caratterizzato dei giovani di un sobborgo sottoproletario dublinese. Se il nome del sobborgo Barrytovvn, è fittizio, la realtà descritta è esattamente quella di Kilbarrack, luogo natale di Doyle, e solo chi ha la ventura di essere di casa in questa zona della Dublino nord può decodificarne agevolmente il gergo. Gran parte dell'interesse del libro sta proprio in questo particolarismo lingustico che ha reso a volte necessario un apparato di traduzioni anche per un pubblico di lingua inglese. Alla prima del film a New York veniva distribuito in sala un libretto con glossario per potersi orientare nel fitto spettro di espressioni e intercalari perlopiù turpiloqui. (Qualche esempio: PISSER = an awful let down. As in "It's a pisser is what it is, Joey". PISSED OUT OF ONÈS BRAIN = Inebriated, very drunk. LOCKED = As above, only more so. RAPID = Great, extremely good. As in "Fucking rapid". SCOOP = A glass of beer. THE BUSINESS = The sexual act. Not always with someone else. As in "I bet he does the business every night"...). L'abile traduttrice italiana, che vive da un ventennio a Dublino ma nella zona sud della città, ha dovuto fare "lavoro sul campo" attraversando il fiume Liffey e approdando nei pubs del nord per imparare a cogliere tutte le varianti della "bad language" di Barrytovvn-Kilbarrack. Questo estremo localismo non ha però impedito che la storia venisse ovunque colta come paradigmatica della catena di speranze e frustrazioni che lega tanti giovani alle odierne realtà urbane, dove le possibilità di realizzazione sono esigue, chimeriche, e i valori tradizionali non più rintracciabili nemmeno nella generazione dei padri.
Realismo del linguaggio e sradicamento dagli antichi valori caratterizzano anche il secondo romanzo di Doyle, "The Snapper" (Il poppante), ora tradotto in italiano ad opera della stessa mano e per la stessa casa editrice. Anche qui la vicenda, con la sceneggiatura dell'autore, è stata trasformata dal regista Stephen Frears per il cinema e la TV in una lieve "commedia proletaria" di grande successo. Ci viene presentato un tradizionalissimo problema irlandese: la gravidanza di una figlia non sposata. Evento, questo, che smuove problematiche più complesse: il rapporto con i genitori, la morale cattolica, persino il mito della celticità... Il gergo parlato dalla giovane Sharon e dalle sue amiche, barriera difensiva per facilitare la comprensione all'interno del gruppo ed escludere il resto del mondo, a poco a poco accoglie il padre e i suoi amici del pub; l'avvicinamento emozionale tra padre e figlia diventa identità linguistica, e li vede affrontare la lettura dello stesso libro sulla gravidanza e poi insieme il parto di un figlio non più della colpa ma della comprensione.
Nel 1991 il terzo romanzo di questa "trilogia di Barrytown", "The Van* (Il furgone, Secker and Warburg. London 1992, pp.633, £ 9,60), concorse al prestigioso premio inglese Booker Prize (vinse lo scrittore nigeriano Ben Okri con "The Famished Road", straordinario romanzo del realismo magico). Nel novembre 1993 Roddy Doyle ha però strappato quel premio con "Paddy Clarke Ha Ha Ha" (Secker and Warburg, London 1993, pp.282, £ 12,99). Dopo un assalto durato cinque anni da parte degli scrittori irlandesi, il romanzo di Roddy Doyle è stato dunque proclamato "miglior libro in lingua inglese del 1993".
La buffa, umana, triste storia del ragazzino decenne di Barrytown alle prese con la fatica di crescere e con lo strazio di assistere alla disgregazione del matrimonio dei genitori è straordinaria per la sottile abilità di rispecchiare la psicologia di "Paddy" (un nomignolo così comune da valere come prototipo dell'irlandese). Il romanzo sembra aver assimilato la lezione della prima pagina di "A Portrait of the Artist as a Young Man* di Joyce ed essersi spinto avanti in quella direzione: alle inattese percezioni e associazioni di idee di Paddy corrispondono sorprendenti strutture sintattiche, accostamenti di parole, neologismi. "Allora nessuno diceva parolacce - ricorda lo scrittore - . Non avresti osato farlo". Ma siamo nel 1968, l'anno delle rivoluzioni, ed ecco crescere un nuovo linguaggio con la forza liberatoria della parola proibita. "Fuck was the best word. The most dangerous word". I romanzi della "trilogia", ambientati negli anni ottanta, hanno però mostrato quanto quella "parola liberatoria" fosse poi diventata solo un ossessivo intercalare, come quasi sempre sterili sono i tentativi di riscatto di quei giovani sottoproletari. Doyle è un testimone di questa situazione: attesta la crisi d'identità del mondo giovanile irlandese dalla prospettiva del linguaggio, registra la nascita li una lingua che è scarna, ripetitiva, povera, ma non è statica ed è comunque viva. Nel 1892 Douglas Hyde - futuro primo presidente dell'Irlanda unita, scrittore e appassionato difensore della lingua e della cultura irlandese - aveva pubblicato un libello dal titolo "The Necessity of De-Anglicizing Ireland" (La necessità di de-anglicizzare l'Irlanda). Da allora sono seguite innumerevoli discussioni sull'opportunità o meno di ritornare alla lingua dei padri, il gaelico, e sull'importanza di definire e codificare la varietà della lingua inglese parlata in Irlanda, dal gaelico fortemente influenzata (etichettata come Hiberno-English, Anglo-Irish Irish-English...). Ora i romanzi totalmente "irlandesi" di Roddy Doyle aiutano a dare una risposta: la lingua parlata in Irlanda è una realtà variegata, magmatica e in continua trasformazione. Proprio per questo è un formidabile strumento anche per la creazione letteraria.

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Conosci l'autore

Roddy Doyle

1958, Dublino

Si laurea in Lettere (Bachelor of Arts) per poi proseguire i suoi studi alla University College di Dublino.Insegna per quattordici anni inglese e geografia alla Greendale Community School di Kilbarrack, a nord di Dublino (la trasposizione reale della fittizia Barrytown che spesso fa da sfondo a molti suoi romanzi). A metà degli anni Ottanta Doyle inizia a scrivere un racconto dal titolo Your Granny's a Hunger Striker che non è stato mai pubblicato. Dopo qualche anno esce il suo primo romanzo, pubblicato in proprio grazie all'aiuto di un amico che riesce ad avere i finanziamenti necessari da una compagnia di proprietà del defunto Re Farouk. È il romanziere che più di ogni altro ha saputo raccontare l'Irlanda dei nostri giorni, come in The Commitments (la storia...

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