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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2005
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Come tutti i libelli risulta convincente nella pars destruens (tutti ci accorgiamo delle contraddizioni che viviamo). La scarna pars construens e' piena di bella frasi, che pero' non dicono nulla sui concreti modi e mezzi per cambiare rotta. Anche la frase di Marx "da tutti secondo le sue possibilita' a ciascuno secondo i suoi bisogni" e' molto bella, ma poi chi stabilisce quali sono i bisogni di ognuno? Abbiamo visto come e' andata a finire.
Una vera delusione. Pieno di slogan. Per nulla rigoroso.
Le teorie economiche sono a volte davvero indiscutibili, tanto sono evidenti. Ormai sembra anche indiscutibile negare l'insostenibilità di ogni tipo di sviluppo. La critica che però rivolgo a questo volume è di esser troppo lontano dalla realtà. Al contrario di Maurizio Pallante nella sua "Decrescita Felice", c'è una larga parte di critica ma una piccola parte di costruttivismo politico. Per quanto mi riguarda manca quello che viene invece promesso nel titolo: come sopravvivere allo sviluppo.
Recensioni
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Il grande romanzo a puntate di Latouche sembra non aver fine: quasi a smentire la lotta contro il paradigma della crescita ecco l'ennesimo saggio sull'occidentalizzazione del mondo attuata con l'imposizione dello "sviluppo" all'intero pianeta. Spesso si lascia un libro di Latouche ritenendo che il professore abbia fondamentalmente ragione e che tuttavia in mancanza di soluzioni immediate al problema economico si debba proseguire nella loro ricerca secondo i canoni del tanto controverso sviluppo. Eppure ed è ciò che stupisce il saggio mostra una (nuova e) "bella stanchezza" in particolare nella seconda parte laddove s'introduce il concetto di decrescita e si accenna alle logiche maussiane della società vernacolare di alcuni paesi africani. Compare la consapevolezza del declino quasi affettuosa un impero romano allo sfascio che – ostinato com'è – non mollerà fino all'ultimo; ma anche l'indicazione precisa del senso del declino stesso. La decolonizzazione dell'immaginario non è una semplice trovata linguistica ma una vera e propria necessità la più importante ("Bisogna cominciare a vedere le cose diversamente perché possano diventare diverse"). La prima sezione del libro mostra efficacemente quanto la retorica dello sviluppo abbia ormai invaso persino i progetti di economie alternative. E non mancano nemmeno esempi concreti (eliminare l'obsolescenza dei prodotti ridurre le spese in pubblicità ecc.) per muoversi anche qui come nel Sud verso una società della decrescita. Dal declino (dell'economia dello sviluppo) alla rinascita (della società e dei legami) passando per una consapevolezza la cui negazione è la più potente arma degli sviluppisti: quello economico è in primo luogo un problema.
Mario Cedrini
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