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Docente a Princeton, Viroli apre questo saggio con un commosso e vibrante ricordo di Norberto Bobbio, troppo spesso criticato, scrive, in seno all'attuale "miserabile palude accademica" italiana. Quest'ultima non farebbe che attestare il drammatico eclissarsi in Italia di ogni forma di patriottismo civile, perché tutte le migliori espressioni politiche nazionali sono state riconducibili a quella "religione della libertà", alimentata da un "cristianesimo civile", oggi svanita. Viroli mette una ricchissima documentazione al servizio di tale tesi, tratteggiando una storia del sentire civico italiano. Preso l'abbrivio dalle concezioni trecentesche senesi e fiorentine, riflesse in alcuni quadri allegorici qui sottoposti a esame, come l'Allegoria del Buon Governo di Lorenzetti (1338-40), egli passa alle visioni rinascimentali (Salutati, Bruni, Savonarola) e allo scacco cui esse andarono incontro per l'offensiva della Controriforma, riaffiorando poi nel Risorgimento, che ai suoi occhi fu "anticlericale ma religioso", così come la Resistenza: la vera libertà, infatti, "è solo religiosa". Peraltro, se non si può negare che l'onnipervasività della religione in Occidente nell'età moderna e medievale rendesse inevitabile la presenza di un'impronta cristiana fra i teorici della politica, successivamente, presso i vari Foscolo, Leopardi, Garibaldi, Gobetti, Luigi Russo, anch'essi chiamati in causa in queste pagine, più che un'ispirazione cristiana si affermò un intenso afflato morale. La non del tutto cristallina sovrapposizione fra le due prospettive sta già nella celebre sentenza di Benedetto Croce, secondo cui la libertà è "la forma moderna del cristianesimo".
Daniele Rocca
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