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scheda di Bertini, M., L'Indice 1997, n. 2
Nel corso della sua lunga, intensissima vita - che la portò dagli ambienti della "bohème" 1900 ai palcoscenici del music-hall, dall'Italia della prima guerra mondiale a un Marocco fiabesco e crudele, da una Saint-Tropez ancora paradisiaca alla cupa Parigi occupata dai nazisti - Colette impresse una propria invariabile cifra personale (fatta di candido narcisismo, di spregiudicatezza per nulla ideologica, di appassionata e agile curiosità) a narrazioni molto diverse tra loro. Negli anni del suo "apprendistato" intraprese il ciclo delle "Claudines" sotto la guida del marito Willy, autore di romanzi leggeri che abbozzava e firmava, lasciandone però la stesura a giovani scrittori sconosciuti, per lo più brillanti e affamati; più tardi, emancipatasi da Willy, elaborò costantemente nei suoi libri spunti autobiografici, a volte poeticamente trasfigurati (come nei testi consacrati al ricordo della madre), a volte colti con una tecnica impressionistica affinata negli anni e aderente al reale in una sorta di singolare e inimitabile sinuosità. Troviamo oggi in libreria tre esempi complementari di queste diverse maniere. Di "Claudine a scuola" - romanzo d'esordio in cui, tra le pagine maliziose volute da Willy, si affaccia una Colette adolescente selvatica e un po' felina - Carmen Covito ci offre una traduzione memorabile, spigliatissima nei dialoghi e nel lessico opportunamente svecchiato, accompagnata da una sua ottima postfazione. "Il puro e l'impuro", che l'autrice riteneva il suo libro migliore, torna in edizione tascabile; è la Colette della maturità, lucida e saggia, che percorre i territori segnalati come diabolici dalla morale borghese per scoprirvi verità insospettate e ammirevoli amori. "Il kepì" appartiene invece alla sua ultima stagione: alla Colette che, dalla Parigi della guerra, fa rinascere, in una specie di camera oscura, le immagini brillanti della cosiddetta "belle époque", come in Gigi. In questa cornice d'epoca, per nulla convenzionale, vediamo una scrittrice di "feuilletons" che ha passato la quarantina sperimentare per la prima volta, accanto a un giovane ufficiale, l'euforia dell'"amour-passion*; ma ne spezzerà involontariamente l'incanto con un anacronistico gesto sbarazzino che la inchioderà alla realtà del suo melanconico tramonto.
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