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Anno edizione: 2020
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Di quel che accadde in Sicilia dopo lo sbarco degli alleati, in particolare a Capizzi, un piccolo centro dei Nebrodi, viene raccontato in Le ciociare di Capizzi, un libro con cui Marinella Fiume, sempre dalla parte delle donne, parla del terrore diffuso dalle truppe marocchine, che non si accontentavano di rubare, ma usavano anche violenza alle donne e ai giovinetti. A raccontare verbalmente alla scrittrice siciliana quei fatti non sono le vittime, che molto spesso hanno preferito tacere, per pudore, ma anche per sconforto, bensì le nipoti, che hanno saputo dalle nonne, perché quel silenzio osservato in pubblico non c’è stato ovviamente in privato, un po’ per uno sfogo da femmina a femmina, un po’ per mettere in guardia le discendenti da ipotetici, ma non infondati pericoli. Grande merito di Marinella Fiume è non aver generalizzato, non avere insomma intavolato uno spirito razzista, preferendo invece la ricerca del contesto e delle responsabilità, da ascrivere queste ai comandanti francesi, che in pratica diedero carta bianca a gente che veniva da tribù in cui la violenza poteva considerarsi lecita. A ciò inoltre si deve aggiungere che le lamentele rivolte ai comandi alleati, con la preghiera di far cessare le violenze, rimasero inascoltate. Per fortuna ci furono i siciliani che si difesero e non pochi di questi taglia gole non ritornarono più in Africa, uccisi con bastonate, oppure evirati e poi sepolti ancora vivi. E’ un libro che Marinella Fiume ha sentito in modo particolare, sia per la sua costante politica volta al riscatto femminile, sia perché fra tutti gli abusi di cui sono vittime le donne quello sessuale è il più grave, è quello che lascia strascichi pesanti che non scompariranno mai. Da leggere, senza dubbio.
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