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In quanto libro di estetica questo testo pone al centro della riflessione la questione della bellezza. Questione nient'affatto astratta ma centrale per l'uomo di oggi che vive in un mondo dominato dalla tecnica. Quest' ultima,secondo l'autore, risulta insidiosa non per le sue invenzioni pericolose (es. la bomba atomica) ma per il rischio che comporta di ridurre il vivere umano al fare e al pensiero tecnico con la bellezza che finisce per essere la prima vittima sacrificata. Il libro consta di due parti: nella prima si offre una storia della bellezza nella filosofia mentre nella seconda si focalizza l'attenzione sui rapporti del bello con l'arte
Un libro stupendo in cui si trovano pagine di una Bellezza Assoluta. Da leggere e rileggere.
"L'universo non è tenuto a essere bello, eppure lo è". Qual è il fine, lo scopo, la motivazione che obbliga una rosa, un panorama montano, il volto di una donna o un sorriso a essere bello? E quale la causa, l'origine, l'illuminazione prima che ha provocato il nascere della bellezza? François Cheng indaga da filosofo e da artista il mistero di ciò che dalle origini affascina l'umanità, ne addolcisce i dolori e i tormenti, ne finalizza la ricerca in ambito estetico, in cinque meditazioni nate da una serie di conferenze che hanno la struttura spiraliforme (circolare, ma anche diretta a un approfondimento sempre più penetrante) dell'oralità: e anche l'umile apertura al colloquio, al confronto. Partendo dalla constatazione della gratuità della bellezza, del suo intrinseco e nobile accadere come dono, "presenza irradiante e unificante,...dotata di un potere trasfigurante", Cheng esamina il concetto di bellezza relativamente ai fenomeni della natura e dell'umano, sottolineando il carattere "etico" della bellezza, intesa come offerta e apertura al bene, come slancio e desiderio verso l'eterno e il divino, la cui dimensione è l'infinito. Nel suo excursus sapiente e insieme lineare, accessibile, sull'arte e il pensiero occidentale, mette in luce lo iato che ha stravolto la ricerca dell'armonia (costante dai greci fino al XIX secolo) negli ultimi duecento anni, quando pittura, scultura, musica e poesia hanno iniziato a confrontarsi sempre più spesso con l'esistenza del male, dell'osceno, della provocazione, contestando all'arte la sua funzione di redenzione, di riscatto dal negativo. E il confronto più coinvolgente non è solo quello interno allo sviluppo estetico dell'occidente, ma soprattutto quello tra quest'ultimo e l'antichissima arte cinese, la sua ricerca pacata e armonica della misura, della compenetrazione di soggetto-oggetto, dell'interazione tra spirito e materia: in un' affascinante interazione trasformatrice di ogni esistente.
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