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L’educazione può andare in visibilio. L’apprendimento trova occasioni per interrogarsi e stupirsi quando sa appartenere al divenire del suo sguardo. Il prisma del cinema invita la pedagogia della narrazione ad esplorare differenti rifrazioni: l’attività del ‘guardare’ si declina in gesti che gettano luci nuove sui territori in cui la scrittura esercita la signoria dello scorgere, del sapere, dell’osservare, del difendere, del contemplare, del vagheggiare e del trattenere. Attraverso la lente della testualità, lo sguardo diviene anche trasformazione, gesto inquieto. Il cinema viene colto nella sua somiglianza flagrante con la scrittura e diviene luogo fertile per dare ospitalità linguistica allo sguardo nella sua dimensione auto-formativa. Il film, evento testuale e discorsivo, diventa spazio intimamente affine e fraterno alla scrittura: nelle zone intermedie di visione e parola si fonda l’esperienza di apprendimento che è evidenza in attesa, stupore della trama nel momento del suo farsi.
Gli intrecci orditi nei testi delle pellicole sono osservati con una lente pedagogica che coglie i modi e i linguaggi attraverso cui il senso della narrazione si declina nell’educarsi ad abitare l’eccedenza. La formazione al visibilio diventa pedagogia dell’attenzione cinegrafica e film come Nuovomondo, Film blu, Prima della pioggia, Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera, Un film parlato e Cainà mostrano come la trama intrattenga testo e soggetto in un nesso produttivo di interrogazioni e domande, nello spazio di un poroso e formativo complotto.
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