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scheda di Tomasi, D., L'Indice 1985, n.10
Collaboratore di "Positif" e autore di un recente e ampio lavoro sul melodramma hollywoodiano (che sarebbe bene qualcuno traducesse anche in italiano), J. L. Bourget tenta qui la difficile impresa di sintetizzare in meno di duecento pagine l'intera storia del cinema americano, da Griffith a Coppola. Convinto giustamente che il cinema rifletta le aspirazioni dichiarate e quelle inconfessate della comunità da cui nasce, lo studioso analizza la produzione americana non come un dato assoluto, estraneo alla società, bensì nei suoi solidi rapporti con la storia, i movimenti delle idee e delle arti. In questa direzione era naturale privilegiare a quella di "autore" altre categorie interpretative, quali ad esempio quella di "genere" e di "sistema produttivo". Almeno sino agli '70, dove lo stesso Bourget riconosce la necessità di proporre come elemento ordinatore la nozione di "autore". II lavoro è chiuso da alcune brevi ma efficaci considerazioni sull'affermarsi nel cinema contemporaneo di un vero e proprio filone neoclassico di cui Coppola e Cimino, Boorman e Schattzberg sono i rappresentanti più significativi. Una sola impressione negativa: quel che manca a questo libro non è assolutamente un'idea di "cinema", quanto piuttosto un'idea autentica di "storia del cinema".
Tralasciando le sterili polemiche che troppo spesso contrappuntano le analisi dei critici cinematografici, quest'opera parte da una semplice evidenza: arte maggiore del XX secolo, il cinema americano appartiene oggi al nostro patrimonio comune. Vengono qui descritte le fasi succesive e talvolta contradditorie della sua evoluzione, illustrate da opere e generi, tecnici e registi, star del del mutuo e del sonoro: Strheim e Sternberg, Ford e Hitchcock, Welles e Kubrick, Greta Garbo e Gary Cooper, Ava Gardner e James Dean, Jane Fonda e Robert Redford, Meryl Streep e Dustin Hoffman...
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