Il 2020 ha sancito il cinquantenario della ricostruzione dei rapporti diplomatici tra Italia e Cina ed avrebbe dovuto essere anche l'anno della cultura e del turismo tra i due Paesi. Tuttavia l'annus horribilis dell'emergenza sanitaria globale ha costretto il mondo a rivedere i propri progetti e ripensare nuove scadenze, così che anche il gemellaggio sino-italiano e la celebrazione del cinquantenario sono stati rimandati al 2022. Intanto però i rapporti tra il colosso asiatico e l'Occidente si sono fatti tesi e complessi; la propulsione atlantista e anticinese consolidata dall' ascesa di Biden si sta manifestando in modo sempre più proattivo; non è peregrino immaginare che possa, in futuro, riflettersi anche sui rapporti bilaterali Italia-Cina da sempre pacifici e di proficua amicizia. Ed è proprio in virtù di questo contesto così teso che è invece necessario promuovere i valori del multilateralismo e ritrovare nella cultura lo strumento per eccellenza di reciprocità, dialogo e diplomazia. Nel 2007, il presidente Hu Jintao aveva sottolineato quanto e come essa fosse fonte crescente di coesione sociale e creatività, nonché un fattore di estrema importanza nel rafforzamento del potere nazionale a livello globale. Così, la necessità di promuovere all' esterno un'immagine di identità nazionale forte e unita ha spinto molto sulla implementazione di discipline quali l'archeologia ed il restauro, nonché sulla apertura continua di musei che nel gennaio del 2020 erano circa 5.788, con un numero annuo di visite che è passato a 1,2 miliardi rispetto ai 700 milioni del 2016 disseminati in tutto il paese. L' inclusione strategica della promozione culturale quale pilastro delle relazioni internazionali e della crescita del Paese è evidentemente prioritaria ormai da diversi anni: la stessa "Via della Seta" tenderebbe a costruire un hub culturale dialogante, nel quale la Cina possa stagliarsi con tutta la sua forte identità.
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