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Juan José Saer scrive un romanzo a spirale, per ricreare attraverso la circolarità un'illusione di ordine che nel funzionamento del mondo non esiste, perché nel continuo conflitto tra caos e ordine «non sei tu che vinci, è il caos che accondiscende».
«Saer coglie il lato oscuro dell'esperienza umana in tutte le sue sfaccettature, così come il "cieco, incomprensibile e instancabile" trascorrere del tempo» – The New York Times
«"Cicatrici" è un capolavoro. In esso tutto è perfetto, di una precisione assoluta» – Corriere della Sera
"Si parla di vizi solitari e di vizi che non sono tali. Tutti i vizi sono solitari. Tutti i vizi hanno bisogno della solitudine per essere esercitati. Aggrediscono nella solitudine. E al tempo stesso sono anche un pretesto per la solitudine. Non dico che un vizio sia un male. La virtù, il lavoro, la castità, l’obbedienza sono sicuramente peggio. Dico semplicemente come funziona e di che cosa si tratta."
Pubblicato per la prima volta nel 1969, Cicatrici è un romanzo che Saer scrisse in venti notti, ispirato da un fatto reale. Quattro parti, quattro narratori in prima persona: Ángel, giovane reporter; Sergio, avvocato divorato dal vizio del gioco; Ernesto, giudice misantropo che si ostina nell'ennesima traduzione di Oscar Wilde; Luis Fiore, operaio che commette un omicidio inspiegabile. Quattro vite, ognuna ossessionata da qualcosa, che hanno un unico punto di intersezione: il delitto commesso da Fiore.
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