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A più di un secolo di distanza da quel 1848, che vide affermarsi il mito giobertiano del papato liberale e nazionale, a novant'anni da quel 1870 che segnò una rottura difficile a colmarsi tra lo Stato italiano e la Chiesa, quest'opera costituisce un indispensabile bilancio delle relazioni tra Chiesa e Stato in Italia, negli ultimi cento anni, di cui ricostruisce e spiega criticamente le contrastate vicende. Arturo Carlo Jemolo, che rivendica la propria discendenza ideale dai cattolici liberali del Risorgimento, ha compiuto un'opera di vaste proporzioni, in cui la storia di tali relazioni, dal 'Primato' di Gioberti sino alle elezioni del 18 aprile 1948, è inquadrata e risolta in quella più generale della coscienza e della società italiana, esaminata sotto l'angolo visuale degli interessi e dei problemi politico-religiosi. Il contrasto tra l'idea cattolica e l'idea liberale prima e quella socialista poi, le relazioni tra il mondo cattolico e il fascismo e, infine, l'atteggiamento della Chiesa verso la nuova democrazia italiana, sono trattate da Jemolo con padronanza della materia e con sereno equilibrio. Vincitore del premio Viareggio 1949, questo volume di un cattolico non democristiano suscitò una valanga di polemiche. Ma già prima la risonanza aveva assunto un'ampiezza internazionale: importanti giornali stranieri, come il "Times", gli avevano già dedicato lunghe e attente recensioni.Quella che viene proposta - introdotta da una nota critica di Giovanni Miccoli - è l'edizione riveduta e ampliata del 1963, con l'aggiunta di pagine inedite che lo stesso Jemolo aveva approntato per ricondurre il lettore ai problemi di più stringente attualità.
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