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La chiaroveggenza è quella (presunta?) acquisizione di dati attraverso canali diversi dai sensoriali, un’opportunità, quindi, di avere visione o conoscenza di eventi lontani o di luoghi o oggetti non visibili normalmente. Essa implica una “vista eccezionale”, quella che è detta, ad esempio, nella tradizione musulmana basira, in quella ebraica naibis, e si inserisce in tutto un filone di credenze che danno all’uomo poteri (le siddhi indiane, per fare una citazione celebre) che, attivati, gli permettono di svilupparsi su piani superiori. E ben si contestualizza, tale interesse, nella speculazione di Marco Moretti, che già si è presentato, anni addietro, con un saggio sui vampiri dove indagava, dai più diversi punti di vista, un argomento eccentrico, border-line, esoterico della nostra vita e cultura occidentale.
Perché praticare la poesia è al contempo sottoporsi a regola monacale fatta di rigore e sincerità estrema ed anche restare in ascolto fino a quando la parola non verrà a visitarti, senza appuntamenti né promesse, solo lasciare piccola eco, che poi sarà da rivestire di parole, prima che l’oblio abbia modo di spazzare via tutto. In certi istanti la poesia sfiora perfino la chiaroveggenza, quella che talvolta viene con l’età matura, se a lungo la si è attesa, oppure giunge d’improvviso, come mirabile schiarita dopo un furioso temporale, quando anche le montagne e chi vi abita sembrano lì prossimi al tuo occhio e alla tua mano. Ma questa divinazione è di breve durata e a volte fallace, eppur preziosa assai perché riesce a farti uscire da te stesso e a dare un senso alla tua ed altrui vita.
Complimenti al poeta e all'illustratore! Un libro prezioso.
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