Nell’esperienza giuridica romana è presente l’idea, frutto della speculazione della giurisprudenza classica, che il silenzio, per i suoi significati, le sue funzioni e applicazioni, avesse delle importanti implicazioni sul divenire storico e sociale di alcuni istituti giuridici e sul formarsi dei principi che li governavano. Questi ultimi dovevano essere enunciati in via interpretativa e attraverso specifiche tecniche di “decodificazione” del silenzio che ne ricostruissero il significato e di “decifrazione” delle soluzioni polivalenti in esso insite, in riferimento a esigenze pratiche. Quindi senza enunciare una “teoria generale del silenzio”, che è rifiutata dal giurista Paolo, il quale, affermando “Chi tace non dice nulla”, si limita a constatare l’ambiguità primordiale del silenzio senza pretendere però di interpretarlo.
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