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Il libro di Kunzle, davvero unico nel suo genere, testimonia in particolare il movimento di «cristificazione» cui la figura di Che Guevara è andata incontro - o, meglio, che ha suscitato - consistente nella sua assimilazione al più celebre personaggio del Nazareno, cui fa capo la religione tuttora maggioritaria sulla Terra. In realtà si tratta di un fenomeno noto nel cristianesimo, una fede (e pure una scelta di vita) che spinge spontaneamente i propri aderenti alla Imitatio Christi. Gesù è stato sempre visto come un modello inarrivabile, ma in qualche modo imitabile: seguirlo è da sempre l’ideale del cristiano, ed è ciò che a partire dai martiri dei primi secoli ha prodotto i «santi». Questa tendenza risale alle origini del cristianesimo, essendo già presente nelle sacre scritture che siamo soliti chiamare «Nuovo Testamento» - specie in Paolo di Tarso, che affermava: «…non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20); «Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1Cor 11,1). Camminare sulle orme di Cristo - spesso riproducendo molto da vicino la sua morte - quel dare la vita per la sua stessa causa, per il suo ideale altruistico, è qualcosa che accompagna diacronicamente la storia del cristianesimo. Più raramente la cristificazione è stata riconosciuta - non da parte della Chiesa istituzione, ovviamente - a personaggi che si sono trovati fuori dell’ortodossia o del corpo ecclesiastico, e qualche volta è stata applicata perfino a figure esplicitamente condannate dalle Chiese (a eretici, per intenderci). Nessuno ha potuto porre un freno alla spinta popolare nel procedere a queste irrituali canonizzazioni: valga per tutte quella di Davide Lazzaretti (1834-1878), mistico e visionario toscano, la cui vita - a suo modo eroica - finita tragicamente gli è valsa la denominazione, coniata dal popolo, di «Cristo dell’Amiata», il monte fra Grosseto e Siena dove svolse la sua attività. Naturalmente il caso di Guevara è singolare…
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