Sulla carta tutti volevano aiutare Ferrante II d'Aragona a riconquistare il suo reame, ma nessuno immaginò che la spartizione segreta con gli Spagnoli fosse già avvenuta. Lo avrebbero fatto con la sollevazione della stessa Napoli, a cui Carlo di Valois si apprestava a concedere privilegi e esenzioni da 200.000 ducati, sperperando le casse del Regno senza prudenza e senza oculatezza. I Francesi, «parte per incapacità, parte per avarizia, confusono tutte le cose». Nella fretta, insomma, non si riuscì a creare il collante con la nobiltà, neppure con i tanti premi feudali, per via delle difficoltà a entrare in contatto con la corte. Le camere per le udienze del Re furono un'utopia anche per i grandi, perché non veniva «fatta distinzione da uomo a uomo, non riconosciuti se non a caso i meriti delle persone, non confermati gli animi di coloro che naturalmente erano alieni dalla casa d'Aragona» Per non parlare delle «interposte difficoltà e lunghezze alla restituzione degli stati e de' beni della fazione angioina e degli altri baroni che erano stati scacciati da Ferdinando Vecchio». L'odio contro gli Aragonesi, inoltre, andava via via spegnendosi con la sopraggiunta compassione per il giovane Ferrandino, il quale, mentre Carlo VIII meditava di rimandare l'acquisto della sua metà del Regno, preparò la riscossa. Partito da Ischia per la Sicilia Ferrandino si unì quindi allo zio e alle truppe spagnole di Consalvo, ingrossando le fila coi Calabresi che mai lo avevano tradito mantenendo viva la fortezza di Reggio. Anche l'armata veneziana tornava sulle coste pugliesi guidata dal Capitano Antonio Grimanno. Tutto ebbe dell'incredibile, compreso l'ardore con il quale il Re di Francia e la sua Corte fecero un inatteso dietrofront. Con la vana promessa di ritornare Carlo si fece rendere l'omaggio feudale dai Signori e, messa la Corona del Regno sul capo per mano di Giovanni Ioviano Pontano in nome del popolo napoletano, il 22 maggio 1495, si nominò Re di Napoli e ripartì.
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