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Un'opera accurata e approfondita, forse non adatta al neofita ma è grazie alla introduzione di Fabrizio Torricelli ed al curatore, Roberto Donatoni (senza trascurare i traduttori Kristin Blancke e Franco Pizzi) che ho potuto conoscere ed apprezzare uno dei capolavori della letteratura tibetana. Certo, quello che ho letto è il testo in italiano e mi rimane la curiositè di conoscerne il suono ed il significato in lingua originale. Nell'opera capitale del buddhismo tibetano, compilata nel XV secolo da gTsang-smyon He-ru-ka, lo "yogin folle di gTsang", alla "Vita di Milarepa", in cui si raccontano le vicissitudini, i crimini, le prove e il riscatto del Grande Mago, fa seguito la vasta raccolta dei "Canti" che qui presentiamo, dove si narrano le successive avventure del grande santo e sommo poeta. In brevi, scintillanti episodi non di rado di alta comicità pervasi di delicata irriverenza, sono incastonati gli ammaestramenti in forma poetica di Milarepa, che con parole semplici, quali solo possono essere quelle che sgorgano dall'esperienza e da una conoscenza certa, insegna con sapienza impareggiabile l'arte sottile della meditazione, dando nel contempo libera espressione alla gioia e alla libertà sconfinate che ne sono il frutto. E gli incontri, spesso prodigiosi, con numerosi personaggi - beffardi esseri 'non umani', dotti compiaciuti della loro scienza polverosa, discepoli devoti o riottosi, taumaturghi pronti alla sfida, creature umili disposte a essere toccate nel cuore - diventano altrettante occasioni per additare quella condizione naturale della mente tersa e imperturbabile in cui tutti i fenomeni appaiono quali sono, eterei e inafferrabili, in un perenne zampillio caleidoscopico di immagini, pensieri, sensazioni, il cui apparire insostanziale ed effimero solca senza ostacoli il cielo vuoto della coscienza.
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