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Vengono finalmente pubblicati gli atti del convegno tenutosi a Torino nel novembre 2001, in occasione del centenario della nascita di Piero Gobetti. Sono suddivisi in cinque ricche sezioni tematiche, relative rispettivamente alla figura dell'intellettuale torinese, alla sua produzione, alla ricezione fuori dall'Italia, stimolata dal concepirsi stesso di Gobetti come intellettuale europeo, a Gobetti nel suo tempo e a "Gobetti oltre Gobetti", cioè al destino di un'eredità lungo ottant'anni di storia nazionale. La vicenda di questo liberale anomalo - capace di "pensare senza sponde", come nota Cesare Pianciola con riferimento all'espressione di Hannah Arendt, amalgamando tradizionalismo e rivoluzionarismo, laicismo e interesse profondo per la religiosità nella politica e nella storia - è quella di un agguerrito "cherubo-giansenista" (Paolo Vita-Finzi), vittima infine d'un regime che contrastò con ogni forza, sempre però rapportandosi a orizzonti ben più vasti e radicali, che abbracciavano l'intera storia d'Italia, senza mai dimenticare la storia d'Europa. In particolare, guardando all'Ottocento, Gobetti individuò in Marx un ideale di pragmatismo non colto dagli intellettuali italiani, socialisti compresi, e in Cattaneo quel vivido germe di liberalismo che la nebulosità ideologica di Mazzini e di gran parte del Risorgimento avevano dannosamente soffocato. La diagnosi era in larghissima parte, e con ogni evidenza, da tenere nella massima considerazione, come l'intera storia patria degli ultimi decenni dimostra. Per dirla con Marco Revelli, quello gobettiano è oggi più che mai un insegnamento da tenere vivo, in una nazione "non ancora libera dalla propria autobiografia".
Daniele Rocca
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