Compositore. Sacerdote, dal 1578 maestro di cappella nel duomo di Salò e dal 1583 in quello di Modena, nel 1586 si trasferì a Reggio nell'Emilia, poi a Correggio, come canonico nella collegiata. Nel 1590 fu incaricato, con G. Gabrieli e L. Balbi, di rivedere e correggere il Graduale romano (pubblicato a Venezia nel 1591). Tornato a Modena nel 1593, alternò l'attività di maestro di cappella con altri incarichi (fu alla corte di Cesare d'Este) e con viaggi (a Firenze ebbe contatti con la Camerata fiorentina), finché nel 1604 venne sospeso dall'incarico per aver impartito l'insegnamento alle monache, nonostante l'esplicito divieto. Oltre a vari libri di composizioni sacre di non grande rilievo (notevole, tuttavia, la messa a otto parti In resurectione Domini), scrisse un notevole numero di opere profane, in evidente contrasto con la sua normale professione di musicista da chiesa, tra le quali vari libri di canzonette e di madrigali, un libro di Dialoghi a sette e otto voci (1608, postumo) e le preziosissime raccolte di musiche varie Selva di varia ricreatione (1590), Il convito musicale (1597) e Le veglie di Siena (1604), nelle quali alla perizia contrappuntistica si fondono doti straordinarie di umorista e di caratterista, secondo l'indirizzo del madrigale dialogico e rappresentativo. Suo capolavoro – e una delle più grandi realizzazioni dell'era polifonica – è la «comedia harmonica» a cinque voci L'Amfiparnaso (Venezia, 1597), dove, utilizzando stili multiformi (madrigale, canzonetta, balletto, dialogo ecc.), è realizzata una doppia vicenda, nello spirito della commedia dell'arte. Il testo (forse scritto dallo stesso V.) è tagliato in un prologo e tre atti e si presenta ora in forma dialettale (quando parlano e agiscono le maschere), ora in italiano forbito (quando è la volta dei personaggi seri). La qualità del discorso musicale e la polifonia, anche nelle parti più caricaturali, sono sempre di grande levatura.