Compositore. Figlio di un agronomo al servizio di un architetto militare, poté studiare grazie all'aiuto di alcuni nobili di Jesi, prima nella città natale e poi nel conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo a Napoli. Qui fu allievo di Durante per il contrappunto. Nel 1731 presentò il dramma sacro La conversione di San Guglielmo d'Aquitania; l'anno stesso esordì in teatro con Salustia, ma l'esito fu poco felice. Grande successo ebbe invece la sua prima opera buffa, Lo frate 'nnammorato (1732) su libretto napoletano di G.A. Federico. Nel 1733 presentò al teatro S. Bartolomeo Il prigionier superbo, i cui intermezzi, col titolo La serva padrona, ottennero un vero trionfo ed ebbero subito vita autonoma al di fuori del dramma cui erano destinati. Nel 1734 fu la volta dell'Adriano in Siria, del quale furono ancora applauditi soprattutto gli intermezzi, Livietta e Tracollo. Nel 1735 P. si recò a Roma per darvi l'Olimpiade al Tor di Nona, sembra senza successo. Tornato a Napoli, ottenne il posto di organista soprannumerario della cappella regia. Nell'autunno del 1735 la sua ultima opera buffa, Il Flaminio, comparve al Teatro Nuovo. Invitato a scrivere uno Stabat Mater per una confraternita, sembra lo terminasse nel convento dei cappuccini di Pozzuoli, dove si era ritirato per curarsi la salute minata dalla tisi e dove morì appena ventiseienne. La fama quasi leggendaria di P. è legata soprattutto alla Serva padrona e si diffuse in tutta Europa a partire dall'esecuzione parigina del 1752, che scatenò la «querelle des bouffons» fra gli opposti schieramenti dei sostenitori dell'opera francese, rappresentati da Rameau, e dei filoitaliani rappresentati dagli enciclopedisti. Ma al di là del valore di questa celebre disputa o polemica, La serva padrona costituisce una tappa fondamentale nell'evoluzione del teatro musicale. Con essa l'intermezzo si elevò a opera buffa; la perfezione delle arie della breve partitura costituì un modello per i decenni a venire. Di minore importanza, ma pur sempre interessanti, sono le altre opere buffe e gli altri intermezzi di P. La vena sentimentale che percorre Lo frate 'nnammorato e Il Flaminio fissò una delle caratteristiche dell'opera buffa, destinata a durare almeno fino alla fine del Settecento. Nelle opere serie, complessivamente più modeste, fanno spicco alcune pregevoli arie. Di grande rilievo è invece, tra la musica sacra, lo Stabat Mater, una delle poche composizioni del Settecento italiano rimaste sempre in repertorio; scritto per soprano, contralto, archi e basso continuo, ebbe l'onore di numerosissime trascrizioni, tra le quali alcune di grandi musicisti. Allo Stabat si può avvicinare il Salve Regina in do minore, il più tardo dei due rimastici; in queste composizioni, più che innovare lo stile della musica sacra, P. lasciò notevoli esempi di purezza stilistica e di ricchezza inventiva. Dagli studi più recenti, risultano inoltre di P., oltre ai lavori citati, un Concerto per violino, archi e continuo, quattro Sonate (due per organo, una per violoncello e una per violino e continuo), l'oratorio La Fenice sul rogo ovvero la morte di San Giuseppe, due Messe (in re maggiore e in fa maggiore) e altri brani di musica sacra (Confitebor tibi Domine, Dixit Dominus, Laudate pueri e altri mottetti e antifone), alcune cantate e solfeggi. Sicuramente non suoi sono, invece, i sei Concertini per archi e continuo, attribuitigli per lungo tempo (e successivamente anche a Händel e a Carlo Ricciotti) e oggi riconosciuti come opera di un nobile dilettante olandese, il conte Unico von Wassenaer.