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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
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Se ho portato a termine la lettura di questo volume e' solo per cocciutaggine e perche' mi interessava sapere che ne era del cane ( in mancanza di meglio ho fatto appello al mio amore per gli animali). E' una rivisitazione prolissa ( almeno 200 pagine erano da eliminare) del mito platonico della caverna e dentro c'e ' anche un po della visione allucinata del futuro di Huxley: Saramago scrive bene ma piu' che altro scrive troppo.
Ambientato in un desolante paesaggio contemporaneo, scritto con originalità e fantasia , LA CAVERNA è il primo libro che ho letto di Josè Saramago. L'autore portoghese (Nobel per la Letteratura nel 1998) , propone una storia semplice e dal lieto fine dove però nulla è banale o scontato. Cipriano Algor fa un mestiere destinato a scomparire : il vasaio. Il futuro è infatti nell'industria , nell'agricoltura intensiva e nel commercio. In uno scenario quasi da fantascienza "Il Centro" rappresenta il cuore avido e freddo del consumismo; Il Centro è una struttura a metà strada tra una cupa fortezza, un centro commerciale e la Città Proibita. Il Centro è l'unico acquirente e l'unico creatore di tendenze. Il Centro è circondato dalla squallida città, a sua volta racchiusa dalla inquinata Fascia Industriale e ancor più esterna la grigia Fascia Verde (che di verde non ha nulla). Gli emarginati vivono in baracche lungo le strade o , come Cipriano Algor, in villaggi cadenti lontano dal Centro. Quando il Centro decide che le stoviglie in terracotta del nostro vasaio non servono più (sostituite ormai dalla plastica), Cipriano Algor tenta di riconvertire, con l'aiuto della figlia la sua fornace per la produzione di pupazzi di creta. Nel frattempo il genero, Guardiano del Centro, ha la preziosa opportunità di andare a vivere nel Centro con la famiglia. Da questo momento l'amore, il mistero e l'autodeterminazione porteranno ad un finale salvifico. Libro non facile da leggere per l'originale uso della punteggiatura (solamente virgole) e delle lettere maiuscole, scritto sotto forma di serrati dialoghi intercalati da pensieri dell'autore (filosofici) e del cane Trovato (terreni). A volte viene voglia di leggere senza stare troppo a pensare, ma subito dopo si ha l'impressione di aver perso un'occasione di aquisire pensieri, descrizioni e sentimenti. L'edizione Einaudi , non certo economica (17,56 Euro) non mi è piaciuta un granchè (sovracopertina argentata con riproduzione di un'opera di Magritte non in tema con il roman
Sarà che troppo spesso m'entusiasmo di quel che leggo (e quando non me ne entusiasmo m'infoio a distruggere), ma questo libro, se lo intendiamo come opera letteraria, dico come prodotto della mano e della mente, io l'ho trovato bello e significativo quanto pochi. Innanzitutto per la capacità che ha l'autore di cogliere e rendere efficacemente l'umano e il canino sentire. Poi per lo stile, piano e descrittivo. Nonché originale nei suoi lunghissimi periodi che una quasi totale mancanza di punteggiatura, e quella totale del virgolettato e degli "a capo", rendono quasi infiniti, anche se mai la logica ordinativa e la disciplina del racconto ne risentono. Il così detto "messaggio", giacché ora si pretende che con la letteratura debba educarsi il popolo, tra i motivi di compiacimento io lo pongo a terzo posto. Perché questo del messaggio, che con ogni probabilità è il punto di più forte penetrazione del libro, è, secondo me e per un mio molto complesso ragionamento, il suo punto debole. Vedrò di spiegarmi. Io che nacqui nella prima metà del secolo scorso, mi vedo, al riguardo di come stanno andando le cose del mondo, - ma forse ho già avuto modo di raccontarlo - come uno che abbia una gamba radicata sopra una zolla e l'altra sopra di un'altra, le quali due zolle il fiume del tempo che vi passa in mezzo ogni giorno impercettibilmente ma inesorabilmente divarica, con le conseguenze che potranno derivarne. Una di queste due zolle è quella delle antiche tradizioni della Sicilia contadina, o - se si vuole - dell'Italietta lieta e frugale di dopo la guerra, dove nacqui e vissi i primi anni della mia vita. Quella Sicilia e quell'Italia nella quale si nasceva e si moriva in casa, le case erano piene di bambini e di animali, il pane lo facevano le nostre mamme, ai bambini si passavano gli indumenti dei più grandi, e i grandi i loro se li si rivoltavano e se li adattavano, e il clima, il clima, lo si indovinava fiutando il vento. L'altra mia gamba invece è cementificata in un modernismo votato ad una globalizzazione made
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