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Cos'è Belgrado, dove si trova, cosa c'entra con noi? Certamente non è un luogo geografico o politico, ma nemmeno è un luogo letterario, almeno nell'immaginario italiano. Da una parte sembra che essa non sia altro che la "città madre di tutte le città, in cui, in fondo, viviamo tutti" (Petkovic); dall'altra "è una città fuori misura" (Pantic), una città che non ha, e non potrà mai avere, un "clima moderato continentale" (Velikic). D'altronde anche il titolo dell'opera sembra cogliere questo aspetto universale e al tempo stesso esoticamente evocativo di Belgrado. Questa raccolta di racconti serbi degli anni novanta lascia agli autori (quasi tutti - tranne la parentesi centrale di Danilo Ki - semisconosciuti in Italia) spazio per sogni, stili e gusti molto diversi fra loro. L'assenza di note esplicative da parte della curatrice fa supporre una scelta editoriale volta a non sottolineare l'aspetto sociopolitico di quell'epoca letteraria serba aperta dai carri armati in Slovenia e chiusa dai bombardieri americani in Kosovo. Nessun racconto parla esplicitamente della guerra o di quello che la guerra ha significato per la popolazione di Belgrado. Eppure l'intera raccolta sembra un unico flusso di coscienza, dove trionfa l'indifferenza verso a vita (ma la vita esiste? si chiede un racconto-personaggio), l'ineluttabilità delle cose (il destino - si intitola il primo racconto), l'inerzia dell'individuo e l'impotenza, la rabbia muta di fronte alla violenza. È un'elegia della rinuncia, vissuta con orgoglio, come una scelta consapevole e coraggiosa.
Eric Gobetti
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