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Questo vivacissimo carteggio ci fa assistere all’incontro e ai ricchi scambi di idee fra Georg Groddeck, l’«analista selvaggio», e il fondatore della psicoanalisi. Diversi in tutto, ma legati da una immensa stima reciproca, Groddeck e Freud si sono scritti per più di quindici anni, dal 1917 al 1934, lettere che spesso toccano, con rara immediatezza, i problemi cruciali della psicoanalisi. Fin dall’inizio Groddeck si presenta come un ‘eretico’, che non vuole però essere condannato dal grande maestro, e Freud come il maestro che tiene più alla sua pecora nera che non a certi altri seguaci, fedeli ma di mente stretta, che poi avrebbero fatto di tutto per isterilire la psicoanalisi. L’intemperante, antisistematico, visionario, beffardo Groddeck era invece, per Freud, molto vicino ai segreti della psiche, tanto che da lui Freud prese – e lo riconosce appunto in queste lettere – il termine Es, la denominazione più pregnante dell’area inconscia. Ma ciò che più affascina in questo rapporto sono i contrasti di fondo, che continuamente ricompaiono e che riguardano soprattutto i rapporti fra mondo organico e mondo psichico. È un problema immenso, e in queste lettere Freud e Groddeck formulano le loro tesi con radicale nettezza, impostando una disputa che oggi è ancora ben lontana dalla sua conclusione.
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