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Sono trascorsi all'incirca ventisei anni dal primo saggio di Gabriele Turi sull'Enciclopedia Italiana (Il progetto dell'Enciclopedia Italiana: l'organizzazione del consenso fra gli intellettuali, "Studi storici", 1972). Da quel momento l'esigenza di studiare i caratteri e i contenuti dell'impresa promossa da Giovanni Gentile non è mai venuta meno, anzi ha ricevuto ulteriore impulso in coincidenza dell'istituzione, nel 1986, dell'archivio storico dell'Istituto Treccani. Il lavoro di Margarete Durst si muove perciò sul piano sia documentario sia testuale, proponendo la lettura dei lemmi più significativi della sezione filosofica e modificando talvolta i risultati delle indagini precedenti. A differenza di Ornella Pompeo Faracovi (Scienza e filosofia nell'Enciclopedia italiana (1929-1937), in Tendenze della filosofia italiana nell'età del fascismo, Belforte, 1985), che aveva riconosciuto nell'Enciclopedia la preminenza della cultura umanistica rispetto a quella scientifica, Durst dimostra che quest'ultima godeva di pari dignità tanto nella sua veste teorica che in quella tecnico-applicativa. Il nesso filosofia-scienza, che costituisce uno dei nodi fondamentali intorno al quale si svolge quest'analisi, non può essere compreso se non facendo ricorso alla concezione che anima l'iniziativa gentiliana. Essa non sarebbe priva - come ha sostenuto Turi - di un'organica classificazione del sapere, ma andrebbe interpretata alla luce dell'attualismo, una filosofia duttile che attribuiva ai dati empirici un ruolo determinante per l'affermazione dell'unità dello spirito. L'autrice insiste allora sul significato "attualista" del criterio della concordia discors (espresso da Gentile nella prefazione al primo volume, del 1929) per spiegare sia la presenza nell'Enciclopedia di svariati orientamenti, sia la collaborazione di intellettuali che, come Antonio Banfi e Rodolfo Mondolfo, non erano fascisti o che, come nel caso di Vincenzo La Via e di Galvano della Volpe, avevano impresso all'attualismo un indirizzo autonomo. L'incontro con Gentile sarebbe stato possibile per l'alta preparazione scientifica di questi studiosi, per la convergenza di interessi e soprattutto per la natura della Weltanschauung gentiliana che tollerava appunto le diversità a patto di inserirle nel sistema. Nonostante il desiderio di dare spazio a più voci, Gentile naturalmente pretendeva il rispetto dei suoi princìpi filosofici. Di conseguenza, se ammetteva la partecipazione dei cattolici nelle materie ecclesiastiche, cercava di aggirarne diplomaticamente censure e ingerenze; se accoglieva il positivismo, lo faceva attraverso la mediazione attualista di Ugo Spirito; se accettava Agostino Gemelli, ne delimitava gli interventi alla neoscolastica per evitare la diffusione della psicologia sperimentale di cui il gesuita era considerato uno dei più autorevoli rappresentanti. Forse è proprio questo aspetto monopolistico e dirigenziale della personalità di Gentile che viene lasciato nell'ombra da Margarete Durst. La sua ricerca appare infatti indubbiamente innovativa (specie nella ricostruzione delle vicende relative al lemma Aristotele), ma considera l'Enciclopedia solo da un punto di vista filosofico, senza individuare nel contenuto di alcuni articoli o in certe scelte redazionali il riflesso delle vicende storico-politiche del momento. Rimane inoltre irrisolto il quesito - che pure è stato sollevato dalla studiosa - sul margine di libertà concesso a quegli autori (Cantimori, Spirito, Calogero) che avevano contribuito in misura non indifferente alla stesura dei testi e che erano venuti progressivamente distanziandosi dalle impostazioni del maestro. A questo riguardo ci viene in aiuto la pubblicazione del carteggio intercorso per quasi un ventennio fra Gentile e uno dei suoi allievi prediletti, Guido Calogero, testimonianza preziosa non solo per lo storico, ma anche per chi voglia penetrare nelle dinamiche di un rapporto che aveva posto a premessa della collaborazione scientifica l'affetto e la stima reciproca. I convincimenti etico-politici di Calogero, confluiti alla fine degli anni trenta nell'azione clandestina contro il regime fascista, vengono volutamente taciuti per non creare imbarazzo o motivi di rottura. Solo in una delle ultime lettere Calogero, dal Carcere delle Murate, accenna alla "odierna divergenza di idee", senza per questo rinnegare il debito di gratitudine nei confronti di Gentile, soprattutto sotto il profilo spirituale. La corrispondenza si fa più intensa nel periodo in cui Calogero assume la responsabilità del settore recensioni del "Giornale critico della filosofia italiana" e acquista maggiore interesse quando viene coinvolto il nome di Benedetto Croce. Una prima volta, nel 1934, in occasione della mancata partecipazione del filosofo napoletano al tributo in onore di Ernst Cassirer organizzato da Raimond Klibansky e da altri ebrei tedeschi, alla cui adesione Gentile aveva frapposto numerose difficoltà, per il timore che si trattasse di un'iniziativa politica, venata di propositi filosemiti. Toccherà allora a Calogero il compito di rassicurarlo del contrario. L'anno successivo è Gentile che, per evitare di riaprire vecchie polemiche, invita il discepolo a usare moderazione nel replicare alle osservazioni di Croce su un suo scritto, con la conseguenza di farlo sentire "sconfessato" da entrambi i maestri. Le raccomandazioni ad attenuare l'animosità e a non eccedere nel gusto della "stroncatura" vengono fermamente respinte nel caso dei due Studi hegeliani di Giulio Cogni che probabilmente erano sembrati inconsistenti proprio nella critica all'idealismo crociano. A riprova della sua benevolenza nei confronti dei giovani studiosi, Calogero ricorda tutti coloro che aveva cercato di sostenere e incoraggiare, purché dotati di ingegno e, a ben guardare, non mancano fra di essi gli ebrei (Renato Cohen, Paul Oskar Kristeller, Heinrich Levy, Arnaldo Momigliano) e gli antifascisti (Pilo Albertelli). Tuttavia, un punto ci pare controverso: il silenzio di Gentile di fronte ai tentativi di stimolare la discussione non tanto su temi politici - sarebbe pretender troppo - quanto su quelli filosofici. Non sappiamo se ciò avvenisse durante le conversazioni private, ma almeno sulla carta non ne rimane traccia. Per questo motivo, l'epistolario suggerisce, a nostro avviso, lo spunto per rimeditare sulla figura di Gentile e sui rapporti con gli intellettuali che non si conformavano pienamente ai suoi indirizzi di pensiero. Anche se non è questa la sede per approfondire una questione così complessa, basti per ora aggiungere che la difficoltà a instaurare un autentico dialogo con le voci dissidenti non può non rappresentare un segno tangibile dei limiti della "liberalità" del filosofo.
Durst, Margarete, Gentile e la filosofia nell'Enciclopedia Italiana. L'idea e la regola , Pellicani, 1998
Fametti, Cristina (a cura di), Carteggio Gentile-Calogero (1926-1942), Le Lettere, 1998
recensioni di Pedìo, A. L'Indice del 1999, n. 02
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