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Anno edizione: 2002
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recensione di Bartuli, E., L'Indice 1996, n.11
Latifa al-Zayyat è morta lo scorso settembre, all'età di settantatré anni, ed è in qualche modo consolante che questa sua autobiografia fosse, a quella data, già in corso di stampa nella sua traduzione italiana offrendo così all'editoria nostrana la possibilità di discolparsi del silenzio con cui ha avvolto il nome di una delle scrittrici più note del mondo arabo e più internazionalmente riconosciute. E infatti "Carte private di una femminista egiziana" - una sorta di memoriale che riaccorpa appunti e riflessioni scritti da Latifa al-Zayyat nel corso degli anni - è stato presentato all'ultimo Salone del Libro di Francoforte all'interno di un progetto culturale promosso dalla Fondazione Europea della Cultura. L'iniziativa prevede un supporto alla pubblicazione simultanea in almeno tre diversi paesi europei di una collana - in Italia si chiama "Memorie del Mediterraneo" - formata da romanzi e autobiografie che testimoniano delle componenti più misconosciute della condivisa mediterraneità della regione.
Latifa al-Zayyat era nata a Damietta nel 1923 da una famiglia di armatori ai quali l'avvento della modernità aveva portato solo una lenta ma inarrestabile decadenza. La sua sete di contatti con il mondo esterno, dapprima mediata attraverso le lunghe conversazioni con i fratelli maggiori, la conduce, nel 1942, all'Università Fua'd del Cairo dove si laureerà in letteratura inglese. Tra le poche donne della sua generazione a occuparsi attivamente di politica, sarà alla guida del Comitato Nazionale degli Studenti e degli Operai, fondato nel 1946 per combattere l'occupazione britannica e, dal 1979, lavorerà attivamente nella Lega per la Difesa della Cultura Nazionale. Alternando periodi di grande combattività ad altri di dolente chiusura in se stessa, Latifa al-Zayyat non spezzerà mai il cordone ombelicale che la lega alla sua gente. La militanza nella sinistra egiziana le varrà il carcere nel 1949 e la sua decisa opposizione agli accordi di Camp David le farà nuovamente conoscere le patrie galere nel 1981, all'età di cinquantotto anni. La prima esperienza la prostrerà, mentre la seconda, quasi catartica, ridarà forza alle sue convinzioni e le permetterà di rinascere come donna pubblica, di ricomporre l'immagine di sé riunendo in un tutto armonico "la bambina impaurita, la ragazza spavalda che trovò la salvezza nell'appartenenza al tutto, la giovane donna incapace di agire, e quella di mezza età, schiacciata tra le copertine di un libro per evitare lo scontro".
In "Carte private" le tappe evolutive della vita privata di Latifa al-Zayyat sono analizzate con una lucidità che a tratti appare masochistica: basti pensare all'impietosa descrizione del suo secondo matrimonio, un'unione fatta d'amore e di passione che diventa, nella ricostruzione a posteriori, solo un tentativo di uniformarsi, "di ritornare nel gregge". A tutto però fa riscontro un'alta considerazione di sé, la dichiarata certezza scevra da modestie di aver percorso con onore un cammino in salita. Perché la vita privata di Latifa al-Zayyat si situa in un cinquantennio di storia egiziana in cui avvenimenti di contraddittoria portata si sono susseguiti con ritmo frenetico. In "Carte private" non c'è cesura tra personale e collettivo, anzi è la Storia stessa a dare il ritmo alla narrazione e ogni accadimento nazionale ha la sua ripercussione nei fatti privati dell'autrice: le insurrezioni popolari degli anni trenta, la manifestazione studentesca del 1946, la legge marziale imposta all'indomani della proclamazione dello stato di Israele, la sconfitta del 1967, la morte di Gamal 'Abd al-Naser, la vittoria della quarta guerra arabo-israeliana, la visita di Sadat in Israele che porterà agli osteggiati accordi di Camp David.
Per il suo valore letterario e il suo portato come testimonianza umana, "Carte private di una femminista egiziana" apre uno spiraglio nell'incomprensione che circonda la quotidianità e il vissuto di un popolo, qui colto dal momento in cui, come sintetizza Latifa al-Zayyat, "l'Oriente è stato trasformato in Medio Oriente per far posto a Israele".
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