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Conquistando il secondo posto al Concorso Autori Italiani (Crotone, 2009), il suo primo romanzo (Il mistero dell’ostentazione della vulva, Edarc) lo aveva catapultato nel panorama letterario nazionale. La sua seconda fatica lo consacra definitivamente come una piacevole e interessante rivelazione tra gli scrittori italiani contemporanei: Sergio Grom regala al proprio pubblico Caro De Sica, (La Riflessione Davide Zedda Editore, pp. 260, € 16,00), un romanzo intenso e leggero allo stesso tempo, costantemente in bilico tra comicità e tormento per i temi sorprendentemente attuali che tratta, seppur con delicatezza.Ma il perno fondamentale e irrinunciabile dell’intero romanzo è l’arte in tutte le sue forme. In effetti, da “nipote d’arte” di Mario Viscardini, scrittore e poeta noto nell’ambiente della “scapigliatura” milanese di inizio Novecento, Sergio Grom non poteva, forse per istinto innato, esimersi dal collocare quasi al centro dell’opera la creazione artistica. L’intero romanzo, infatti, è intriso di arte, a partire dalla professione dei protagonisti, fino ad arrivare al motivo concreto che scatena la ricerca: manoscritti e opere letterarie forse scomparse, forse rubate, forse sepolte col defunto antenato. Mila, la protagonista femminile, incarna esattamente le virtù morali che dovrebbero appartenere a un vero artista e attraverso di lei l’autore lancia un messaggio potente, forse troppe volte rimasto inascoltato negli anni. Verso la conclusione del romanzo la ragazza riesce a realizzare il sogno che insegue e da cui è affascinata da tempo, cioè entrare nei campi rom e insegnare ai giovani a credere nel proprio talento. Successivamente Mila e i suoi ragazzi riescono a esibirsi al teatro Eliseo e, al termine dello spettacolo musicale, la pittrice annuncia: «Io continuerò a suonare e ad esporre le mie opere… per chi mi vorrà sentire e vedere nelle fabbriche, nelle scuole, nelle piazze...
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