"Se le controversie sulle sue qualità umane tenderanno inevitabilmentead affievolirsi nel corso della storia, vero è che nessuno esce da uno deigrandi film di Bogart senza aver visto qualcosa che lo riempia e lo arricchisca.Se la sua carriera e i suoi film offrono buone ragioni per farne un culto, èperché ci insegnano una strategia, una strategia salutare, per stare dentro lavita quando va alla grande e quando è uno schifo. Per prenderla com’è."Jonathan Coe ripercorre la carriera di "Bogey" dagli esordi teatraliai grandi film della maturità e lascia emergere la formazione di quelpersonaggio, di quel cinico sentimentale capace di passare dalle atmosfereoblique del giallo (Il grande sonno) alla commedia (Sabrina, accanto a AudreyHepburn), dal-l’avventura (Il tesoro della Sierra Madre) al dramma romantico(Casablanca). Il Bogart di Coe, prima ancora che un interprete, è il portatoredi un’umanità, di una virilità, di un modo di essere ai quali scrittori,sceneggiatori e registi attingono cercando di arrivare al "vero"Bogart. Il personaggio è lui, con il suo sorriso sospettoso e disarmante, conla sua aggressività, con la sua rabbia alcolica, con quell’amore per le donneche, quando appare nella sua vita Laureen Bacall, sembra sedarsi in dolcezza eprotettività.Coe scava, fra immagine cinematografica e biografia, mettendo a fuoco uncomplesso e ricchissimo gioco di frequentazioni umane, di influenze, di generosiconflitti, quasi a dimostrazione che dietro il protervo individualismo dei suoipersonaggi, Bogart è stato un uomo permeabile, sensibile, capace di modellare efarsi modellare. Nella lunga lista di film interpretati, ce ne sono di orribili.E ci sono dei capolavori. Ma il vero capolavoro è il resistere nel tempo diquel "prendere la vita come capita" che il suo volto continua asuggerire.. )
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