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scheda di Vigliero, C., L'Indice 1990, n. 8
Johanna Schopenhauer (1766-1838) era la madre di Arthur Schopenhauer. Primogenita di un'agiata famiglia borghese di Danzica, giovanissima sposa di un affermato uomo d'affari, rimasta vedova e titolare di un cospicuo patrimonio, Johanna scelse come seconda patria il centro della cultura tedesca del tempo, la Weimar del ministro von Goethe. Vi giunse alla vigilia della battaglia di Jena, sul finire del 1806 e, passata la bufera della sconfitta, la sua elegante casa incominciò ad accogliere, in serate fitte di conversazioni, letture, opere di bricolage, insieme con Goethe la 'crème' intellettuale e artistica della piccola capitale sassone. Più tardi, per rimediare a un rovescio finanziario che l'aveva privata di quasi tutte le sue rendite, Johanna diventò scrittrice. Le sue novelle, i suoi romanzi illuministicamente pedagogizzanti furono presto famosi, ma, col volgere delle mode sentimental-romantiche, altrettanto rapidamente dimenticati. Da qualche fantasioso ma gradevolissimo abbellimento non sembrano esenti neppure i brani delle sue memorie che si interrompono al fatidico 1789 e che costituiscono la parte preponderante di questo libro. La seconda parte, che ne giustifica il titolo, ci racconta invece, attraverso alcune lettere scritte ad Arthur tra il 1806 e il 1814, con gli esordi weimariani e le serate di casa Schopenhauer, anche il deteriorarsi del rapporto tra Johanna, gelosa della propria raggiunta serenità, e il figlio, nella cui scontrosità già si annuncia il caposcuola del pessimismo filosofico europeo.
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