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La drammaturgia di Emma Dante riesce a essere simbolica e materica allo stesso tempo. L'asprezza del dialetto palermitano e l'essenzialità dei dialoghi, la sospensione temporale dell'azione, che non segue mai uno svolgimento narrativo, la ritualità dei movimenti dei personaggi, il cui essere si fonda unicamente nel dire e nella reiterazione del gesto, conferiscono al dramma una forza espressiva che arriva alle viscere. Carnezzeria è il titolo della trilogia della famiglia siciliana che unisce mPalermu (vincitore del premio Scenario 2001 e del premio Ubu 2002), Carnezzeria e Vita mia, accomunati dai fili tematici della violenza e della morbosità paralizzante dei rapporti familiari. mPalermu si compone di nove quadri e presenta i membri della famiglia Corollo in procinto di uscire di casa per la passeggiata domenicale. Rimangono in fila sulla ribalta e ripetono piccoli gesti cerimoniali che gettano luce sulla gerarchia familiare e sui rapporti di amore che aggrovigliano tutti nel grande ventre della casa dalla quale non riescono a uscire. Le accurate didascalie lasciano immaginare l'importanza assoluta che la gestualità nonché la posizione dei personaggi in scena assumono nel teatro di Emma Dante. Il pubblico si pone sempre come intruso, come testimone chiamato in causa dal personaggio ma del quale egli teme il giudizio. Di qui l'allusività dei dialoghi, che non denunciano mai apertamente ma lasciano intendere la violenza che si cela dietro le mura domestiche. Questo appare ancor più evidente in Carnezzeria, che evoca gli abusi consumati all'interno di una famiglia incestuosa. Vita mia è il più straziante di tutti con il suo letto "conzato a lutto", intorno al quale corrono tre figli redarguiti da una madre che sente che uno dei tre è prossimo a morire. Un girotondo esuberante prima della ferita di un lutto che non si potrà mai rimarginare. Susanna Battisti
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