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prolisso, dispersivo, non solo nella forma ma anche nelle idee. l'autrice da il meglio di sé nei romanzi brevi.
Il Capo delle Tempeste, romanzo postumo di Nina Berberova, riassume l'epoca della scrittrice, fornisce uno spaccato del ventennio 1920-1940 (termina infatti al giorno di inizio della seconda guerra mondiale) e non solo della condizione dei russi immigrati in Francia quanto di quel sentire di precarietà, terrore e bufera politica che in quegli anni si respirava in tutta Europa. Trovo che la Berberova abbia scelto di far pubblicare alcuni suoi romanzi dopo la sua morte perché contenevano qualcosa di Suo, un ricordo di infanzia o giovinezza che non voleva veder scritto sulle pagine da viva? Dasa, Sonja, e Zaj, le tre sorelle con lo stesso padre, reagiscono all'intenso momento storico in tre modi differenti. La vita e gli eventi possono essere accettati in modo pratico e riflessivo come fa Dasa, abbandonato l'ardore e la passione, si può esistere d'una vita mediocre; oppure si può affrontare gli eventi cercando di non pensare, buttandosi ogni volta in un nuovo capriccio od in una sfida nuova come la giovane Zaj prova a fare, oppure, e in questo Sonja ne è maestra, se non si può avere ciò che si vuole e non si può sopportare il destino, si sceglie con abbietto coraggio di non avere nulla! E nella tragedia che chiude il libro solo il conforto di una carezza di Mamma può far sentire ancora ancorati alla vita.
Una scrittura lieve e poetica che scorre come le note di una melodia. L'autrice ha il potere d'incantare ,i personaggi che si intagliano sono di una bellezza e raffinatezza rara. Senz'altro un bel libro che si annuncia in punta di piedi ma che si apprezza per l'eleganza della narrazione.Consigliato
Recensioni
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Nella più cechoviana delle sue opere, Nina Berberova offre uno spaccato sul destino degli esuli russi attraverso la narrazione delle vicende di tre sorelle: Sonja, Daa e Zaj. Nella loro storia è racchiusa tutta la tragedia del Novecento russo: il conflitto mondiale, la guerra civile, la fame, il freddo, lo smembramento delle famiglie. E ancora, la voglia di sopravvivere che deve fare i conti con il senso di colpa dei superstiti, l'ossessione dei ricordi, la consapevolezza della perdita subita. È un intero mondo che è andato perduto con i suoi affetti, i paesaggi e un modo di vivere cui si aggiunge, per gli emigrati, l'allontanamento dalla lingua che li lega al passato, necessariamente relegata a un ambito familiare. Le tre sorelle accomunate dal padre hanno avuto madri e vicende diverse, ma portano tutte dentro di sé un fardello esistenziale che determinerà la loro sorte. Intorno a un focolare faticosamente ricostituito a Parigi conducono le loro vite, ma l'intima convinzione dell'ineluttabilità del fato le porta a rinunciare alle proprie ambizioni e aspirazioni, in preda alla rassegnazione. Anche nella nuova realtà occidentale, che sembra offrire la possibilità di essere libere e felici, non è facile estirpare la paura. È una paura che è entrata a far parte di loro, quando in Russia si poteva essere solo insetti "tremanti facili da schiacciare" o chiodi che i colpi di martello riescono solo a rinforzare. Il capo delle tempeste è una delle opere di cui Nina Berberova non ha voluto pubblicare la traduzione prima della propria morte, probabilmente a causa dei numerosi riferimenti autobiografici. Il titolo è stato ispirato dal capo di Buona Speranza che, prima di essere doppiato da Vasco de Gama nel 1497, era stato chiamato da Bartolomeu Dias, che lo aveva scoperto, "capo delle tempeste". L'apparente paradosso, l'ambiguità delle due diverse denominazioni per uno stesso luogo, entrambe altamente simboliche, sembra voler riassumere e rispecchiare la percezione che le tre sorelle hanno della vita.
Giulia Gigante
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