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La statua di Paolina Borghese, rappresentata come Venere vincitrice, è tra le opere più celebri di Canova; fu finita nel 1808 e, per celebrarne il bicentenario, Fernando Mazzocca e Anna Coliva hanno allestito una mostra (a Roma, terminata nel febbraio 2008) che ha indagato sulla sua genesi, sul contesto, sulle vicende della successiva collocazione nella Galleria Borghese. Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, aveva sposato Camillo Borghese, principe che legò il suo nome all'infausta vendita all'imperatore dell'antica collezione familiare. Così la statua canoviana divenne insieme simbolo del grande mecenatismo romano e monito di quella dispersione del patrimonio che fu la moneta con cui l'Italia pagò l'importazione delle idee rivoluzionarie. Proprio Canova ebbe il compito di colmare con nuove opere alcune celebri sculture antiche portate in Francia, come la Venere Medici e l'Apollo del Belvedere (sostituite dalla Venere italica e dal Perseo trionfante). Dall'emorragia di capolavori antichi e moderni nacquero però le innovative leggi di tutela che lo Stato pontificio approntò nel 1802 e 1820; Canova recuperò il possibile, promosse scavi, allestimenti museali e, con premi e commissioni, i giovani artisti (come ben ricostruisce Francesco Leone). Molte sono le novità e gli approfondimenti presenti nel catalogo, in particolare nelle ottime schede sulle opere connesse a Paolina e alla sua fortuna. Del resto, con la sua duplice funzione di ritratto ideale e di episodio mitologico, di ambivalente archetipo di bellezza e celebrazione dinastica, Paolina-Venere ebbe una ramificata eco nella scultura ottocentesca (ripercorsa da Stefano Grandesso). Vera icona della storia dell'arte, prima amata, poi dileggiata, infine rivalutata e ora nuovamente venerata (quale destino più congruo per una Venere?) dal vasto pubblico che assedia lo scrigno augusto e angusto del museo borghesiano. Claudio Gamba
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