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Rappresentare con una formula la personalità di Camillo Berneri è impresa, forse, impossibile. Carlo De Maria ci prova. Ed emerge un intellettuale amante dell'azione, un pensatore radicale ma non utopista, un filosofo sospeso – si veda il titolo del volume – fra il pensiero libertario e il pensiero liberale. Dell'anarchismo e, più in generale, dell'antifascismo italiano, Berneri rappresenta una voce fuori dal coro: in realtà è questa la sola, sintetica certezza che si possiede. De Maria esalta la ricca articolazione della sua figura in un saggio lodevole, che poggia anche su fonti fin qui inedite, in particolare su varie carte acquisite di recente dall'Archivio della famiglia Berneri (Reggio Emilia).
Tre le sezioni in cui il volume si divide: una propriamente biografica, una relativa al profilo intellettuale tout court di Berneri, una incentrata sul suo pensiero politico. È la prima parte a rivelarsi la più originale e stimolante. Attraverso i documenti di polizia e quelli personali, si ripercorre il percorso esistenziale di Berneri, tappa dopo tappa, dalle giovanili simpatie socialiste – premessa dell'approdo all'anarchismo – alla laurea in filosofia conseguita a Firenze, dalle itineranti esperienze come docente di scuola media superiore alla collaborazione con personalità come Gaetano Salvemini, Pietro Jahier, Ernesto Rossi, Piero Calamandrei. E poi il fascismo, l'esilio a Parigi, le molteplici attività editoriali, le sventure giudiziarie, l'espulsione dalla Francia, il forzato pellegrinaggio nell'Europa centrale, l'adesione entusiastica alla causa repubblicana in Spagna e la morte a Barcellona, per mano di agenti stalinisti, nel tragico maggio catalano del 1937.
I passaggi più caratterizzanti il pensiero di Berneri si rintracciano, in primo luogo, nell'analisi del fascismo come fenomeno estraneo al modello liberale, in secondo luogo nella proposta di uno stato libertario – un ossimoro − quale antidoto al regime mussoliniano. Sono questi i temi oggetto della seconda e della terza parte del libro di De Maria. Il nazional-anarchismo, altro ossimoro programmatico inventato da Berneri, è l'esito di un travaglio interiore che muove dal constatare come i presupposti libertari siano ormai non più validi di fronte a un soggetto politico profondamente nuovo qual è il fascismo. Di qui l'urgenza di ammodernarsi, tanto sul versante descrittivo, quanto su quello prescrittivo. In particolare, l'antistatalismo a oltranza di Bakunin e di Malatesta va rivisto alla luce di un avversario che è mutato non nella forma, ma nella sua stessa identità. Ecco il bisogno, sempre secondo Berneri, di impegnarsi perché il regime fascista sia sconfitto e, al contempo, perché possa nascere uno stato libertario e federale, cui verranno demandati i soli compiti amministrativi e che sarà perciò composto, nei suoi organismi, esclusivamente da personale tecnico. Uno stato né legislatore, né etico, ma gobettianamente gestore della vita pubblica. Uno stato la cui costruzione necessita del concorso di tutte le forze antifasciste e democratiche, a cominciare dai giellisti, per proseguire con i repubblicani e i socialisti. Il Pcd'I resta escluso dal progetto, in quanto portatore di un'ideologia della quale Berneri – anche in ragione del coevo esempio sovietico – denuncia gli esiti inevitabilmente autoritari.
Berneri pagò la propria originalità anzitutto con l'emarginazione in seno al suo stesso movimento. Rifiutando il dogma in base al quale occorreva ritenere nociva qualunque forma di stato in quanto tale, egli introdusse nell'anarchismo il dubbio, compiendo una sorta di rivoluzione cartesiana, che, tra l'altro, prevedeva l'adozione del liberismo economico (con marcate contaminazioni libertarie) e la difesa del sistema rappresentativo (agli eletti sarebbe spettato esprimersi solo sui problemi più generali dello stato). Già in passato la dottrina anarchica aveva subito tentativi di revisione o veri e propri attacchi dal suo interno. Tuttavia chi se ne era reso artefice aveva in seguito deciso di abbandonare la sponda libertaria, o si era visto costretto a farlo (si pensi ad Andrea Costa e Francesco Saverio Merlino). Diversamente, Berneri – pur consapevole dei rischi ai quali la sua posizione sui generis lo esponeva, sia verso gli avversari sia verso i suoi stessi compagni di fede – continuò fino all'ultimo a definirsi militante anarchico. Anche questa scelta, coraggiosa, contribuisce a inserirlo fra i pensatori politici di maggior spessore del Novecento italiano.
r.giulianelli@tiscali.it
R. Giulianelli è titolare di assegno di ricerca in storia economica all'Università di Ancona
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