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La caduta della casa degli Usher di Edgar Allan Poe è uno dei racconti probabilmente più riusciti per quanto riguarda la capacità di sondare l’animo umano e di far emergere tutte le paure sia di chi vive la storia e, ahimè, di chi legge. Perciò preparatevi a una lettura al di fuori dal comune. Una lettura che probabilmente vi si insinuerà dentro e vi stringerà il petto facendovi credere di stare per perdere il vostro cuore. Sì, paura. È di quella che si tratta. Lo scopo di Poe è questo: terrorizzare lentamente con una tale inquietudine che all’inizio sembra sospesa esattamente come le nubi che avvolgono la dimora degli Usher. E, allora, entrate, in questo labirinto fatto di sogni e di incubi. Di speranze e di delusioni. – "In questo luogo di malinconia mi ero proposto di passare alcune settimane." L’io narrante anonimo, forse lo stesso Poe, riceve una lettera da un suo vecchio amico d’infanzia, Roderick Usher. Va a casa sua e lo trova completamente cambiato. Scopre che vive con la sorella Melinda e che entrambi sono gli ultimi rimasti di una famiglia antichissima. La bellezza di questa storia e dei disegni realizzati da Antonello Silverini, è l’introspezione psicologica che sta dietro a tutta l’impalcatura narrativa. È una storia di interiorizzazioni e di sentimenti macabri e gotici che albergano nell’animo dei personaggi e che si manifestano attraverso una sorta di personificazione con la casa. – "Il pallore sepolcrale della sua pelle e il luccichio dell'occhio mi colpirono sopra ogni altra cosa e mi fecero paura." La vera protagonista. Proprio quella casa che nella nostra comprensione generale, significa il luogo più sicuro, quello in cui tornare, il luogo familiare e in cui sentirsi amati. Beh, in questo racconto la casa diventa lo specchio di ciò che siamo dentro, o è il contrario?