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La lettura mi ha lasciato una strana sensazione di conforto, conforto per aver letto di cose vere, che possono dispiacere tanti,soprattutto credenti, ma che rispecchiano semplicemente le riflessioni di coloro che a fronte della predicazione di un Creatore buono, meditano sulla sofferenza nel mondo.Vengono discussi nove tipi di teodicea, cioè il tentativo di giustificare la bontà di Dio verso il male, ove per Dio s'intenda quello delle tre religioni monoteiste,in pratica il concetto tradizionale di Dio.Spesso è citato Leibniz,che per primo introdusse il termine.Mi son piaciuti soprattutto il sesto e l'ottavo capitolo.Nel sesto si parla di libertà e libero arbitrio,con tante osservazioni razionali,senza accenni a certe osservazioni della scienza moderna (il libro risale a più di vent'anni fa).L'ottavo capitolo ha un'impronta storiografica che analizza i testi sacri,e poi conclude trattando del concetto di Dio che soffre insieme a noi.Ovviamente chi si indispone può parafrasare Paolo "Streminger chi sei tu per disputare con Dio ?".Ma nel filosofo austriaco io non ho trovato superbia nè sarcasmo, semmai una sottile e dolorosa delusione.Le teodicee possono naturalmente sembrare arrampicate sugli specchi di sesto grado superiore,Streminger ci riporta con i piedi per terra, in compagnia di Schopenhauer,Hume,Kant,Nietzsche ed altri.Se poi dobbiamo credere proprio perchè è assurdo,come dice Kierkegaard,allora perchè non credere ad altre cose assurde,ad esempio che Dio abbia preso le sembianze dello strato d'ozono ed ora per amore si lasci distruggere dai fluorocarburi?.In sostanza nel libro viene espresso lo stupore filosofico non "che il mondo esista,ma che sia così tribolato".E' per riconoscere a questo stupore un diritto di sussistenza, che io do il massimo della stima.
Un testo di vent'anni fa, riproposto dall'editore Aracne, in cui il filosofo austriaco Gerhard Streminger analizza con rigore il problema, da molti studiosi e teologi ritenuto irrisolvibile, della teodicea: cioè della compatibilità della bontà di Dio con l'esistenza del male nel mondo. E l'analisi in questione risulta serrata e appassionata, scandita in diverse argomentazioni, da differenti punti di vista: Streminger assume via via i panni del teista, dello scettico, dell'ateo e dell'agnostico per confutare le varie tesi sulla giustizia o ingiustizia del Creatore. E antologizza molti e universali pareri letterari e filosofici, da Omero in poi, che suffraghino la sua convinta tesi secondo cui il male impera nel mondo sensibile senza una reale giustificazione. Non ci si è mossi di molto dalla tesi di Epicuro, antica di oltre duemila anni:" Dio vuole, ma non riesce, ad evitare il male? Allora è impotente. E' capace di evitare il male, ma non vuole farlo? Allora è malvagio. Vuole ed è capace di evitarlo? Ma allora, da dove arriva il male?" E' la domanda agostiniana, "unde malum?" che il filosofo ripropone elencando le diverse teodicee che si sono succedute dall'antichità, trovando poi in Leibniz un autorevole portavoce. Streminger approfondisce con competenza tutte le tesi, contestandole tuttavia con notevole vis polemica, e cita Bernard Russell: "L'intera concezione di Dio, che deriva dall'antico dispotismo oientale, è del tutto indegna di uomini liberi..". Ma talvolta si fa prendere la mano dalla volontà di irridere sarcasticamente le religioni rivelate, arrivando ad esprimere pareri superficiali e banali come questo:" Quante sofferenze sarebbero state risparmiate agli uomini, se l'Onnipotente (perlomeno nella figura di Gesù) invece di raccontare parabole sibilline avesse chiaramente rivelato all'umanità, per esempio, come evitare la febbre puerperale, oppure quali malattie vengono trasmesse dalla zanzara anofele, e cosa fare per prevenirle!"
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