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Questo romanzo vi porterà in un paradiso perduto, su una piccola isola dell'arcipelago giapponese, dove la natura è un tempio e ogni pianta, sasso e animale sono venerati come divinità.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Difficilmente acquisto libri di un autore che ho già letto, anche se mi è piaciuto molto, ma nel caso di Kaho Nishiki mi ero talmente innamorata di "Un'estate con la strega dell'ovest" che non ho saputo resistere. Totalmente differente rispetto al primo, questo libro si presenta quasi come un trattato scientifico sulle caratteristiche dell'isola di Osojima, al largo della più grande isola del Kyushu. Si presenta come l'esplorazione del giovane protagonista, ricercatore presso un'università del Giappone, in vacanza per portare a termine la ricerca del professore del suo dipartimento e mentore, da poco deceduto. Attraverso la natura selvaggia di questo piccolo angolo di mondo, dove erano presenti ancora tracce di una religione antica, molto legata agli spiriti della natura, ormai in parte andata perduta e in parte confluita nello shintoismo e nel buddismo, cerchiamo di trovare risposte alle infinite domande che affollano la mente di Akino. Nel raccontare questi paesaggi incontaminati, le testimonianze di antichi templi e altari in onore degli spiriti della pioggia, del lago e di tutto quello che è vivo, la descrizione delle creature autoctone e le varietà specifiche o rare di flora, Nishino ci vuole narrare la vita di un uomo che trova in quest'isola il beneficio di una pausa salvifica e il fondamento di amicizie che porterà con sè per tutta la vita. è un romanzo molto diverso dal precedente tradotto in Italia, ma nonostante queste differenze rispetto alla precedente lettura, questo libro mi ha lasciato un senso di pace e mi ha trasmesso tutta la vicinanza con il mondo naturale e degli spiriti di quel Giappone incontaminato che, ci viene infine raccontato, non esiste più.
Akino, giovane studioso di geografia all’Università Kyosho, si reca nella piccola isola di Osojima per svolgere ricerche sul campo. Presto il suo viaggio si trasforma in una sorta di pellegrinaggio alla ricerca di se stesso e in una profonda riflessione esistenziale, all’indomani di una grave, triplice perdita. L’autrice Nashiki intreccia una trama che mescola natura incontaminata, popolazioni indigene (con i relativi usi e costumi) e riesce persino ad enunciare le motivazioni che portarono alla scomparsa del Buddhismo e delle credenze animiste legate alle leggende antiche dell’isola a favore dello Shintoismo. Lo stile di scrittura, elegante e tipico della narrativa giapponese, è cadenzato da un ritmo lento, pacato, mai noioso, quasi meditativo ed onirico. Non a caso il nome dell’isola di Osojima significa, appunto, “isola lenta”. Osojima incanta ed inganna, con le sue innocenti ed illusorie bugie, le bugie del mare, ossia i miraggi creati dalla luce del sole che si riflette nell’oceano.
Lettura scorrevole che non mi ha lasciato molto.
Recensioni
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