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Brigate nere. Mussolini e la militarizzazione del Partito fascista repubblicano - Dianella Gagliani - copertina
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1999
1 ottobre 1999
XIV-305 p., ill. , Brossura
9788833911748

Voce della critica



Lepre, Aurelio, La storia della Repubblica di Mussolini. Sal•: il tempo dell'odio e della violenza, Mondadori , 1999
Gagliani, Dianella, Brigate Nere. Mussolini e la militarizzazione del Partito fascista repubblicano, Bollati Boringhieri , 1999
recensioni di Bongiovanni, B. L'Indice del 1999, n. 12

Con il volume di Ganapini, di pochi mesi fa, su La repubblica delle camicie nere (Garzanti, 1999; cfr. "L'Indice", 1999, n. 6), la Rsi è storiograficamente entrata, in via definitiva, nella storia d'Italia. La lettura di tutto il fascismo come parentesi, vale a dire come storico deragliamento, è certo da tempo diventata problematica. La teoria "parentetica" ha però funzionato più a lungo a proposito della Rsi, rubricata, con motivazioni ineccepibili, ma non autosufficienti, come prodotto dell'"occupazione tedesca". Tale teoria, categorialmente nobile, fa ora parte, anche in relazione alla Rsi, del vasto parco archeologico delle interpretazioni classiche del fascismo. La Rsi fu dunque un regime italiano. E concluse sanguinosamente la parabola del fascismo-regime. Due altri libri confermano ora questo assunto.
Lepre ricostruisce la lenta agonia del fascismo utilizzando fonti che descrivono il fronte interno, vale a dire, per usare il titolo di un suo libro del 1989, "le illusioni, la paura, la rabbia". Ne vien fuori che gli italiani sin dall'autunno-inverno del 1940 si disamorarono della guerra e del fascismo. Fu allora che la "patria fascista" cominciò a morire. Il plebiscitarismo di massa (o "consenso") non aveva retto alla prova del conflitto euro-balcanico-africano e dell'impreparazione militare. Gli italiani cercavano nicchie di sopravvivenza e volevano la pace. Il 25 luglio (una via verso la pace), e l'8 settembre (lo sfasciarsi dello Stato davanti alla guerra che nel caos tornava), non furono dunque un evento improvviso. La Rsi propose allora un'elitaria identità nazionale fondata su improbabili valori guerrieri e quindi sul disprezzo per un popolo pacifista. Respingendo la guerra, la cosiddetta "zona grigia" fu così non un'area intermedia tra antifascismo combattente e Rsi, ma una resistenza disarmata e diffusa. Su questo punto Lepre concorda con l'interpretazione di Scoppola.
Non il soldato fu il protagonista autonomo della Rsi, ma lo squadrista armato, l'attivista di un partito militarizzato, il brigatista nero. In un libro veramente bello e ricco (penetranti le pagine sulla fine antieroica di Mussolini in fuga, con l'elmetto tedesco e la sola Claretta al fianco), Gagliani ne ripercorre il ritorno e la catastrofe. Il fascismo-regime, del resto, non aveva saputo forgiare soldati vincenti. Nel crepuscolo, vale a dire nella fase nazifascista, fece ricorso al fascismo-squadrismo delle origini. Cercò inoltre di diventare compiutamente totalitario e di sancire la supremazia del partito armato su uno Stato che era ormai un'appendice del Reich. Poterono così emergere caratteri prima latenti, i quali, a partire dall'estate del 1944, si autonomizzarono rispetto al ventennio. Il Duce cercò allora di destreggiarsi tra panfascisti (Pavolini) e nazionalisti (Graziani). Pare comunque di poter dire che l'estremo totalitarismo fascista, per la storia che aveva alle spalle, e per la disperata congiuntura, rimase imperfetto.

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