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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2021
Dall'autrice di "Permafrost", un nuovo romanzo che fa del disincanto poesia e del tormento ironia.
«Baltasar è abilissima. Una Dorothy Parker catalana, ironica, spietata» - Elena Stancanelli, D - la Repubblica
«Ritmo, felicità, rabbia, sesso: coinvolgente» - Gino Ruozzi
I “boulder”, in geologia, sono morene che si trovano tra il permafrost e la superficie, grossi blocchi rocciosi striati, nati dall’accumulo di materiali trasportati dai ghiacciai nel Pleistocene. Enormi massi emersi in mezzo al paesaggio o nelle acque dell’oceano: pochi sanno da dove provengano e perché siano lí, “pezzi di mondo avanzati dalla creazione, isolati, esposti a tutto”. Boulder, la protagonista che dà voce a questo romanzo, è pietrosa ed ermetica come una di quelle rocce, rasentate dalla vecchia nave mercantile in cui si guadagna da vivere preparando i pasti in una cucina abbastanza angusta da non doverci lavorare con altri. È la situazione perfetta: la solitudine “necessaria a qualsiasi essere vivente per crescere” e la provvisorietà per compagna, una piccola cabina e il vuoto attorno, il blu, il vento che taglia la faccia, il resto del mondo sfocato all’orizzonte e ogni tanto un porto in cui incontrare una donna che non rivedrà mai piú. Fino al giorno in cui, in un bar all’estremo nord della Patagonia cilena, conosce Samsa, l’amore che metterà tutto in discussione. La donna per cui Boulder lascerà il mare e andrà a vivere in una casa gialla e perfetta a Reykjavík, quella che, dopo qualche anno e tra pensieri aguzzi come spine, accetterà di accompagnare in una clinica di riproduzione assistita. Ma quel momento, Boulder lo sa, sancisce un esilio inesorabile dal corpo di Samsa, espropriato da una maternità onnipotente e feroce che fa crescere nella protagonista un’insofferenza spietata, un “freddo permanente” che nutre il vuoto e il bisogno di fuga, alla ricerca irriducibile della “polpa di senso” che, chissà, forse è solo una nuova solitudine. Dall’autrice di “Permafrost”, un nuovo romanzo che fa del disincanto poesia e del tormento ironia.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Eva Baltazar mi piace tantissimo. Adoro la sua scrittura, il modo chirurgico in cui si insinua nella testa della protagonista. Ho amato permafrost e amo pure boulder. È un'artista del sentimento. Ama scavare e sviscerare in maniera eccezionale nella mente dei personaggi, disossando perfettamente ogni pensiero che nasce da una persona, un rapporto, un incontro...........bellissimo.
“Ero venuta qui a cercare proprio questo, lo zero originario. Stanca di inventare ogni volta un curriculum, di dover dire e comportarmi come se la vita fosse una narrazione, come se un fil di ferro inchiodato dentro di me mi mantenesse diritta e stabile. La rotta uccide.” Un salto di più di dodicimila chilometri, da Barcellona ai confini dalla Patagonia cilena stsndo su una vecchia nave mercantile guadagnandosi da vivere preparando i pasti per l’equipaggio. Da sola, ma non per questo soffrendo di solitudine, in una cucina abbastanza piccola da non doverla condividere con altri. Una piccola cabina e il blu del mare, questo sì, immenso. Una situazione perfetta. Stato di equilibro, seppur precario. Nessun rischio. Pace. A rimestare e rompere questo stato sarà Samsa giovane geologa in missione. Sulla trama non aggiungo altro, mentre mi soffermo sulla scrittura. Eva Baltasar attinge dalle sue grandi doti poetiche trasformando la parola in bisturi. Viviseziona i sentimenti della protagonista sino nelle pieghe più profonde. Lo fa con grande realismo e ironia; in alcuni punti con cinismo. Una scrittura per me bellissima e potente e che esplora e descrive in modo straordinario il mondo interiore e i desideri di Boulder. Simile a un animale selvatico in apparenza addomesticato che risenta l’odore e il gusto della carne. Nessuna forza sembra allora resistere. Nessuna gabbia trattenerla. Ma sarà davvero così? Permafrost e Boulder sono i primi due atti di una trilogia. Tre protagoniste che raccontano in prima persona la propria vita e i propri sentimenti. Tre romanzi indipendenti ma collegati da temi comuni come la solitudine, la maternità e il vivere ai limiti della società. L’autrice sta lavorando al terzo romanzo che si intitolerà Mamut.
Boulder è il soprannome della protagonista, la geologa Samsa la chiama così e lo faremo anche noi perché non ci verrà mai rivelato il suo nome. “𝑁𝑜𝑛 𝑙𝑒 𝑝𝑖𝑎𝑐𝑒 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑛𝑜𝑚𝑒 𝑒 𝑚𝑒 𝑛𝑒 𝑑𝑎 𝑢𝑛𝑜 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜. 𝐷𝑖𝑐𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑜𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑖 𝑟𝑜𝑐𝑐𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑆𝑢𝑑 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑃𝑎𝑡𝑎𝑔𝑜𝑛𝑖𝑎, 𝑝𝑒𝑧𝑧𝑖 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑎𝑣𝑎𝑛𝑧𝑎𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑟𝑒𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑖𝑠𝑜𝑙𝑎𝑡𝑖, 𝑒𝑠𝑝𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜. 𝑁𝑒𝑠𝑠𝑢𝑛𝑜 𝑠𝑎 𝑑𝑎 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑒𝑛𝑔𝑎𝑛𝑜.” Boulder è anche il secondo atto della trilogia di Eva Baltasar iniziata, guarda un po’, con Permafrost (che in geologia è quello strato sempre ghiacciato che si trova sotto il boulder) e terminerà quest’anno con Mamut (che attinenza avrà con gli altri due titoli?) Boulder più che una donna è un animale selvaggio, odia le costrizioni come gli stipendi fissi e le case unifamiliari che succhiano via la libertà. Ama la solitudine e le piccole tane, si nasconde in anguste cabine di navi mercantili o cucine così minuscole da permetterle di lavorare da sola, ne esce solo per procacciarsi quel tanto che le serve: l’oceano infinito in cui perdere lo sguardo da un pontile notturno, il sesso di cui è affamata. “𝐸𝑟𝑜 𝑣𝑒𝑛𝑢𝑡𝑎 𝑞𝑢𝑖 𝑎 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜, 𝑙𝑜 𝑧𝑒𝑟𝑜 𝑜𝑟𝑖𝑔𝑖𝑛𝑎𝑟𝑖𝑜. 𝑆𝑡𝑎𝑛𝑐𝑎 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎 𝑢𝑛 𝑐𝑢𝑟𝑟𝑖𝑐𝑢𝑙𝑢𝑚, 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑣𝑒𝑟 𝑑𝑖𝑟𝑒 𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑟𝑚𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑒 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑛𝑎𝑟𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑒 𝑢𝑛 𝑓𝑖𝑙 𝑑𝑖 𝑓𝑒𝑟𝑟𝑜 𝑖𝑛𝑐ℎ𝑖𝑜𝑑𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑒 𝑚𝑖 𝑚𝑎𝑛𝑡𝑒𝑛𝑒𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑖𝑟𝑖𝑡𝑡𝑎 𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒. 𝐿𝑎 𝑟𝑜𝑡𝑡𝑎 𝑢𝑐𝑐𝑖𝑑𝑒.” Boulder, per quanto tratti istinti bestiali senza censure comportamentali o stilistiche , è poesia primordiale che nasce dalla terra e là rimane strisciante: non si innalza alla ricerca di dei o soluzioni, anzi li fugge, chiede solo che non si provi ad addomesticarla. “𝑝𝑟𝑜𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝑛𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑒 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑣𝑜 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑢𝑙𝑢𝑙𝑎𝑡𝑖” Boulder è un bel libro.
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